ROF-TALKS a Pesaro e i titoli del 2024
di Andrea Zepponi
15 Ago 2023 - Commenti classica
Il ROF-TALK del 12 agosto: Pesaro capitale italiana della cultura 2024. Annunciato nell’occasione il cartellone del Rossini Opera Festival del prossimo anno.
L’opera di Rossini piace sempre e piacciono sempre tanto gli incontri satellitari e preliminari del Rossini Opera Festival che riempiono di trepidante attesa l’avvio delle rappresentazioni.
Nel calendario 2023 il ROF ha inserito un nuovo ciclo di incontri dal titolo ROF Talks e non si poteva mancare almeno a uno di essi. Condotti dalla giornalista di Radio Rai, Susanna Franchi, gli incontri sono stati programmati dall’11 al 13 agosto alle ore 12 nella Sala della Repubblica del Teatro Rossini. Quello sembrato più pertinente alle attese di noi rossiniani è stato quello di sabato 12 agosto dal titolo Rossini Opera Festival per Pesaro Capitale italiana della cultura 2024, con il Presidente Daniele Vimini, il Sovrintendente Ernesto Palacio che hanno annunciato il cartellone del Festival 2024. Al loro fianco il Direttore artistico dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, Ernesto Schiavi. La sorpresa per le notizie è come una cascata scaturente dalle loro fonti e rampollante su tutti gli interessati: il M° Palacio ha aperto lo scrigno delle programmazioni del prossimo anno, scadenza fatale per Pesaro, città della cultura, per cui si prospettano trenta eventi musicali tra cui ben cinque titoli operistici rossiniani: il Viaggio a Reims –nel quarantennale della sua ripresa nel 1984 – Bianca e Falliero, Ermione e il pizziano Barbiere creato appositamente per il ROF nel 2018 e riproposto nel 2020. I titoli identitari del festival 2024, Barbiere e Viaggio, saranno uno sforzo filologico gestito dalla direzione artistica di Juan Diego Florez.
L’arguzia della giornalista RAI non lesina domande “indiscrete”: che cosa vedremo i prossimi anni? Si prevede l’inserimento nella programmazione di autori diversi dal Pesarese? No comment per il futuro oltre il 2024 e no secco per gli autori diversi da Rossini; le sorprese devono rimanere tali. Ci basti la rivelazione del programma 2024; quanto ai compositori diversi da Rossini, non se ne ascoltano già abbastanza nei concerti di belcanto dove Palacio chiede comunque agli artisti di inserire almeno due arie del Pesarese? Non esiste già una realtà concomitante il ROF dal titolo Il belcanto ritrovato che propone una serie di autori coevi a Rossini e che si avvale dell’Accademia Rossiniana? È la domanda fatta dal sottoscritto durante il momento degli interventi del pubblico. Il festival rossiniano va benissimo così com’è e come è sempre stato fin dalla sua nascita nel lontano 1980.
Per Ernesto Schiavi, la cui presenza è attiva a Pesaro dal 2017, il ROF è occasione di elevare il consueto “protagonismo orizzontale” dell’orchestra a un livello di duttilità superiore a contatto con il palcoscenico e con la perfezione verticale dei cantanti; Rossini fa crescere il livello tecnico strumentale ed espressivo di un’orchestra sinfonica per cui fare opera risulta imperdibile complemento verso un’eccellenza che si realizza nei luoghi e nei tempi del ROF dove la statura dei protagonisti interpreti è così elegantemente ciclopica.
Ricordi del passato attraversano la sala e ci pervadono: il pensiero corre al primo ascolto del Viaggio a Reims, – Philip Gossett che ne fa sentire per la prima volta a papà Mariotti lo spartito al pianoforte – dopo il suo ritrovamento e la prima edizione del 1984 con quella regia di Ronconi che ha fatto storia nel teatro d’opera. Alla Scala venne dato nel 1985 con lo stesso Claudio Abbado in piena maturità artistica; la rievocazione di quella fase aurorale, già matura di un festival nato grande, emoziona ed esalta: il M° Palacio rammenta che sarà proprio un allievo di Abbado a dirigere il prossimo Viaggio, Diego Matheuz. L’onda dell’emozione passa da Schiavi a Palacio nel ricordare che Abbado conobbe il giovane Diego in Venezuela, allievo del sistema di J. A. Abreu e lo incitò fin da allora a dirigere consultandosi con Gustavo Dudamel. Oggi la bacchetta di Matheuz è una splendida realtà.
Delineare il rapporto tra il ROF e Pesaro, imminente capitale italiana della cultura, è toccato a Daniele Vimini: il peso del festival nella nomina non è certo da sottovalutare; ovunque il presidente del ROF, con elegante pacatezza, evita toni trionfalistici e brindaioli perché ancora la partita è tutta da giocare. La soddisfazione c’è, ma il racconto della combinazione sulla eccellenza culturale del territorio e del festival va integrato con tutta una serie di particolari che hanno contribuito alla internazionalità di Pesaro come snodo rilevante di una rete di rapporti internazionali – ricordiamo solo i suoi contatti con l’Oriente – dovuti soprattutto al metodo con cui questi si sono instaurati grazie a una competenza diplomatica e relazionale e una capacità di dibattito al riparo da pressioni politiche di sorta.
Tra i particolari i cosiddetti Magazzini Rossini, progetto che nasce da un lavoro iniziato qualche anno fa in occasione del 150° dalla morte di Rossini, che rende leggibile a tutti la quantità e qualità di professioni presenti dietro la messa in scena e le operazioni del ROF. I Magazzini Rossini raccontano la storia del festival, ma, lungi dall’avere un carattere museale, sono una macchina costantemente viva che farà uscire competenze e professionalità attivando partnership con le diverse associazioni locali impegnate nel tema del riciclo e del riutilizzo di materiali.
Ben venga allora che per il 2033 si concorra per Pesaro-Urbino capitale europea della cultura, ma la bella gara comincerà solo verso il 2026-’27. Una commissione sta lavorando al bando per una competizione che dalle grandi città (Matera e Torino) si sposta ai capoluoghi di provincia un elemento sfidante che guarda a nuovi tipi di opportunità: la partita questa volta si giocherà con Nova Gorica, dove, tra l’altro – Vimini ricorda dottamente – è sepolto il Carlo X citato nel Viaggio.
Quanto all’utilizzo dello storico Teatro Rossini, sempre meno scelto tra i luoghi deputati del ROF – la situazione dei teatri non dipende dal festival ma da disposizioni calate dall’alto anche in seguito al periodo Covid – accoglierà una edizione dell’Equivoco stravagante. Tornerà invece in auge il nuovo Palafestival, sede di tante edizioni gloriose negli anni ’90, ora ristrutturato, per accogliere Bianca e Falliero, ma la Vitrifrigo avrà il resto.
Le anticipazioni di Petrou e di Martone sulla esecuzione-rappresentazione di Aureliano in Palmira preferisco riservarle alla recensione sulla prima dell’opera, visto che ancora, a quanto pare, solo intervenendo a questo tipo di conferenze, per cui è necessario iscriversi, si può conoscere il pensiero e le osservazioni programmatiche di una regia che intende dare una impronta così personale all’opera rossiniana.