Il “Grand Tour” dei gattopardi
di Riccardo Tassi
Un fenomeno culturale tutto siciliano fra dinastie, palazzi e grandi libri. Nel 2020 Bompiani pubblica il libro “Casa Lampedusa” di Steven Price, epilogo, e non solo il prologo, delle vicende di casa Salina. Occasione per ricordare Gioacchino Lanza Tomasi, da poco scomparso ma anche di un interessante itinerario turistico.
“Noi fummo i gattopardi, i leoni, …”. Inizia cosi, per poi compiersi in una celebre lirica, il congedo mattutino a Donnafugata fra Don Fabrizio Corbera, Principe di Salina, ed il riverente Chevalley di Monterzuolo.
Basta il ricordo di queste parole ed il lettore piomba d’istante in uno scenario onirico.
E che si parli di Leoni o Gattopardi poco importa, la Sicilia sussurra sempre; parla di miseria ma anche di grandezza e meraviglia.
Ne parla con il Barocco e il Rococò dei palazzi e delle chiese, dalle facciate erose dalla sabbia d’Africa, ne parla con i centri storici ancora in parte abbandonati, con il sole e l’ombra, l’orgoglio e il desiderio d’oblio di chi “ignora le vie di mezzo fra la mollezza lasciva e l’asprezza dannata”.
Ma la Sicilia, checché ne dica il principe Fabrizio, è cambiata, e molto, da quel tempo a cavallo fra dannazione e ricordo. Oggi è una Regione nuova, per certi aspetti innovativa, sicuramente unica. Permane però l’affezione per quel luogo perso nel mediterraneo, prodotto di grandi eccessi, nel quale pochi protagonisti, a cavallo fra mito e realtà, hanno caratterizzato un topos letterario ammaliante e fascinoso.
Il rinnovato interesse per le grandi famiglie isolane dell’era moderna è un fenomeno sociale che travalica la sola produzione letteraria. L’ultima prova, se ce ne fosse bisogno, ci viene offerta da una nota azienda statunitense, impegnata nelle riprese de “Il Gattopardo”, che verrà mandato in serie.
Ma la storia parte da molto più lontano, dobbiamo risalire almeno a “I Vicerè” di De Roberto (1894), passando per “il Gattopardo” (1958), appunto, fino ad approdare a “I leoni di Sicilia” (2019) e a “l’inverno dei leoni” (2021), caso letterario dell’ultimo decennio.
Ultimo fra i romanzi noti al pubblico è “Casa Lampedusa”, di Steven Price, edito da Bompiani nel 2020. Price, in questo contesto, ha l’indiscusso merito di ricucire lo strappo magistralmente creato da Giuseppe Tomasi con il suo capolavoro: la lacerazione del vero, la sovrapposizione del reale e del realistico, confusi fra loro e condensati in palazzi, uomini e vicende. Casa Lampedusa permette al lettore di affacciarsi nel dietro le quinte, seguendo le vicende che portarono alla nascita dell’opera. Nel libro cade il velo della memoria e i gattopardi tornano ad avere una loro connotazione schietta e reale. Per gli appassionati rappresenta un sorso d’acqua fresca.
Price ci narra di Giuseppe, certamente, ma anche di Gioacchino Lanza Tomasi al quale, a pochi mesi dalla scomparsa, va un debito ricordo. Egli, nato Gioacchino Lanza Branciforte Ramírez, divenne il figlio adottivo del Principe Giuseppe e della Principessa Licy, e ha avuto molti e indiscussi meriti. Non solo, infatti, ebbe un ruolo importante nell’infondere linfa all’autore per la stesura del libro, ma proprio su di lui vennero delineati alcuni tratti dell’affascinante Tancredi Falconeri. Oltre ad essere stato il custode delle memorie paterne, è stato soprattutto uno stimato musicologo, profondo conoscitore di teatro e di Opera, coltissimo e vivace protagonista della vita culturale Italiana.
Leggere Casa Lampedusa quindi, equivale un po’ a leggere l’epilogo, e non solo il prologo, delle vicende di casa Salina.
Rimane il fatto che, a cicli più o meno ripetitivi, i leoni e i gattopardi si risvegliano provocando nella società un rinnovato desiderio di esperienza, che oggi si fa anche turismo. Turismo impegnato, alternato agli inebrianti disimpegni offerti dall’isola, certo, ma particolare quanto basta per azzardare la somiglianza ad un moderno grand tour.
Vicino ai più noti siti culturali, piano, piano, nella moderna Palermo dello street-food, si vedono visitatori affacciarsi in via Lampedusa, alla ricerca del palazzo avito del Principe Giuseppe, o salire alla villa del gattopardo (quello vero) all’ombra del monte Pellegrino, o ancora, girovagare in via Butera nei pressi di palazzo Lanza Tomasi, d’altronde vicinissima a Palazzo Abatellis (che conserva, tre le altre opere, “l’Annunciata di Palermo”, di Antonello da Messina, e “Il Trionfo della Morte”). Delle città, stessa sorte tocca a Catania (l’altra Palermo) con i suoi meravigliosi palazzi. Fra essi spicca il fiabesco Palazzo Biscari (che ospitò anche Goethe), con il salone da ballo a forma di chitarra e il cupolino dei musici.
Fuori città, nei luoghi bucolici, si deve partire dalla sempre affollata Favignana, dove Palazzo Florio non è più solo un monumento liberty, ma il reale scenario della belle-époque, nel quale il pubblico cede al sogno di un tempo perduto, aspettando di scorgere il panfilo di Donna Franca e Don Ignazio in crociera nell’arcipelago.
Di questo benemerito turismo letterario non difettano i feudi o, per meglio dire, i luoghi da cui il Tomasi trasse spunto per descrivere la sua Donnafugata.
Santa Margherita di Belice (Belìce, per precisione, e non Bélice), ad esempio, ci offre lo spirito sereno dell’autore, con la tanto amata dimora materna, Palazzo Filangeri di Cutò, dove ogni anno si svolge il premio letterario “Giuseppe Tomasi di Lampedusa”, quest’anno assegnato a Francesco Piccolo per il libro “La bella confusione”, edito da Einaudi.
A fornirci l’altro aspetto, quello serio, che attinge ai caratteri feudali dei Lampedusa, concorre invece Palma di Montechiaro. Austera e mistica, la città fondata degli avi del Tomasi, si tinge di una tonalità sfumata di potere e santità. Qui troviamo il famoso monastero delle benedettine, nel quale il Principe patrono, il Duca di Palma appunto, è l’unico uomo a poter entrare. Sempre qui si erge il Palazzo Ducale dove troneggiano, nel soffitto ligneo, le armi con il leopardo d’oro rampante di casa Tomasi.
Molti altri luoghi meriterebbero di essere visti, visitati, ripercorsi, tanto nella realtà quanto nell’immaginazione della lettura. La Sicilia, d’altronde, è la terra d’origine dei gattopardi ed essi, per definizione, non svaniscono mai ma si rinnovano, insieme ai rinnovati tratti di un’isola ciclicamente rifiorente, i cui abitanti “non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti”.
Un racconto Vero! Un racconto reale di questa splendida isola! Le mie radici affondano proprio in questa Isola e, più precisamente, nella città di Palermo. Leggere di Palermo e della Sicilia con cotanta affezione mi fa tornare la voglia di ritornare in quelle vie, tra quei palazzi e di riammirare meticolosamente quanto descritto con passione in questo articolo. Posti già visti, già gustati; ma dopo queste righe, la voglia di riassaporarli e di rigustarli con meditata attenzione è lecito e doveroso! Grazie…
Grazie Alberto. Mi fa molto piacere che abbia suscitato questo sentimento. Ogni luogo, così come ogni riga di un romanzo, cambia con noi di volta in volta che lo rivediamo. Buon ritorno in Sicilia.
Pennellate schiette e decise che trasmettono il sapore di una terra affascinante nelle sue contraddizioni e che fanno nascere il desiderio di conoscere questa terra misteriosa per le sue contraddizioni
Grazie Gaetano.
Terra di grandi contraddizzioni la Sicila, vero. Ma se il prodotto è questa isola cosi unica.. Buon viaggio e buona lettura.
Articolo chiaro, vivace e suggestivo, da cui, come già sottolineato negli altri commenti, emerge grande passione e stimola curiosità. Personalmente trovo interessante il filo che collega “leoni / gattopardi” con la possibilità di un rinnovato desiderio di esperienza che si fa, tra le altre cose, anche turismo.
Complimenti Riccardo!
Grazie Francesco.
Le grandi contraddizioni della Sicilia emergono nella decadenza dei gattopardi che hanno lasciato non solo miseria umana, ma anche bellezza (altra contraddizione).
Buona lettura e buon viaggio.