Sferisterio Opera Festival 2009 L'inganno . Le opere in cartellone13
12 Lug 2009 - News classica
di Alberto Pellegrino
MOZART. IL DON GIOVANNI
Il mito di Don Giovanni è tra i più popolari e prolificidell’età moderna, se si pensa che questo personaggioè stato il soggetto di oltre cinquecento fra commedie, tragedie,canovacci della Commedia dell’arte, drammi musicali, opereliriche, film, poemi, racconti e romanzi, tanto da costituire uno deglielementi fondamentali del nostro immaginario collettivo, tanto daentrare nel nostro linguaggio quotidiano dove, secondo i dizionari, iltermine dongiovanni serve a definire un “seduttore didonne, corteggiatore irresistibile”,ma anche secondo una chiaveironica “chi si atteggia a grande corteggiatore di donne, spessacon scarsa fortuna”.
Il mito di Don Giovanni entra abbastanza tardi nel mondo del melodrammacon l’opera L’Empio punito (1669) di Alessandro Melani eFilippo Acciauoli; nella seconda metà del Seicento Henry Purcellcompone l’opera The Libertine Destroyed, mentre nel Settecento Christoph W. Gluck scrive il “balletto d’azione” intitolato Dom Juan ou bien du ‘Festin depierre’ (1761) su libretto di a Ranieri de’ Calzabigi. Seguono Il Convitato di Pietra, o sia il Dissoluto (1776) di Vincenzo Righini, Il Convitato di pietra (1777) di Giuseppe Calegari, Don Giovanni ossia il Dissoluto (1783) di Gioacchino Albertini, Il Convitato di pietra (1783) di Giacomo Tritto su libretto di Giovanni Battista Lorenzi, Il Nuovo Convitato di pietra (1787) di Francesco Gardi.
Arriva infine il Don Giovanni o sia il Convitato di pietra(1787) musicato da Giuseppe Gazzaniga su libretto di Giovanni Bertati,che riscuote un grande successo e che sembra essere stato fonted’ispirazione per lo stesso Lorenzo da Ponte e nello stesso fa lasua apparizione a Praga il Don Giovanni (1787) di WolfgangAmadeus Mozart giustamente definito “il capolavoro deicapolavori”. Si tratta infatti di un’opera geniale erivoluzionaria, scabrosa e intrigante, ritenuta persino“pericolosa” dalla società del tempo, perchéquesto Don Giovanni non è soltanto l’ateista fulminato, ildissoluto punito, il profanatore di fanciulle virtuose, il tentatoredella sacralità del matrimonio, ma è anche il liberopensatore, l’uomo nuovo annunciato dall’Illuminismo che nonpiega la fronte dinanzi all’autorità paterna, politica ereligiosa, “un uomo che non conosce viltate e sperpera il suocoraggio, la sua giovinezza (e) vuole solo soddisfare il suoprepotente, inestinguibile bisogno di amare, di amare” (GiovanniMacchia), superando le barriere delle caste, della nobiltà delsangue, della virtù e dell’onore tradizionali. MentreMolière sceglie la strada dello scetticismo razionalista, Mozarte Da Ponte danno vita a un personaggio sanguigno, pieno di fuoco e digioia di vivere, la cui forza tutta terrena si fonda su ciò cheè reale, materiale, credibile e per questo non arretra e noncede di fronte al sovrannaturale, conservando la sua tragica grandezza.La geniale intuizione di Mozart consiste nell’aver posto illibertino impenitente sullo stesso piano del Commendatore (il Convitatodi pietra della tradizione) in uno scontro senza pietà che hacome posta la vita stessa. Don Giovanni in questa lotta feroce escesconfitto, ma con l’onore delle armi: assassino a causa dellecircostanze, ingannatore e seduttore, egli non appare mai unpersonaggio odioso o ripugnante, ma diventa l’emblema dellastraordinaria creatività drammatica di un Mozart che saconciliare il sorriso e il pianto, la gioia di vivere e il terroredella morte in un’opera dove il comico e il tragico sono fusi inperfetto e inimitabile equilibrio, determinando il definitivosuperamento dell’opera buffa settecentesca. “La grandezzadel Don Giovanni sta proprio nella miracolosa coesistenza di comico etragico. Lasciativi sfuggire la misura sovrumana del dramma, e nonavete capito niente. Ma lasciatevi sfuggire la comicità dellanatura formale, e non avete capito niente lo stesso. Guai aprivilegiare una delle due facce. La corsa di Don Giovanni comincia con lo stacco del Molto allegro nell’ouverture e finisce solo con l’apparizione del Commendatore al banchetto” (Massimo Mila).
È ormai assodato che “l’apparente limpidezza efluidità del libretto dapontiano trovano riscontro in unapartitura musicale a sua volta (apparentemente) lineare, inrealtà di una complessa serigrafia espressiva, in cui si fondanoin un amalgama perfetto, eppure ogni volta sorprendente, i registripiù disparati, il giocoso e il patetico, il burlesco e iltragico”(Guido Davico Bonino) e che quando l’opera apparela Rivoluzione francese sta già bussando “alle porte delfuturo” e quindi non si può “negare il presagio dicatastrofe che incombe dal principio alla fine sull’opera”,tanto che si può parlare di un “redde rationem, nond’un individuo, ma d’un secolo intero…Quando DonGiovanni sprofonda sottoterra, è un mondo intero che sprofondacon lui” (Gesualdo Bufalino).
A consacrare la grandezza dell’opera di Mozart nel 1979 fa la sua comparsa un capolavoro cinematografico come il Don Giovannidi Johseph Losey, che realizza un’operazione culturale di altoprofilo con questo film-opera che rappresenta una eccezionale letturapoetica di un mito e che presenta magistrali invenzioni registiche euna splendida fotografia. Losey riesce a rispettare lo spartito,riuscendo nello stesso a ricrearlo attraverso la ricerca di spazi siaarchitettonici (la Villa La Rotonda e il Teatro Olimpicodel Palladio a Vicenza del Palladio) che naturali (l’ambientelacustre e la campagna veneta) conciliando una prospettiva teatrale conquella cinematografica.
Lo stesso Losey fa di Don Giovanni un ribelle anarcoide in continuoconflitto con la sua classe sociale per difendere i suoi privilegi dilibertà morale e sessuale attraverso la massima esaltazionedell’individualismo borghese. Il regista non a caso colloca inapertura del film la frase di Gramsci “Il vecchio muore e ilnuovo non può nascere; e in questo interregno si verificano ifenomeni morbosi più svariati” e sceglie di ambientare lavicenda in un periodo storico che precede la Rivoluzione francese. DonGiovanni non è il protagonista di questa rivoluzione, ma diventail veicolo di una rivolta personale al centro di una crisi ditransizione che prepara la morte di un’epoca. Losey, persottolineare che siano di fronte a “l’interregno dellasconfitta” afferma che “Don Giovanni è quasi unafigura tragica: dico “quasi” perché Don Giovanni nonriesce a esserlo del tutto, ad avere la grandezza di un eroe datragedia, seppure negativo… Don Giovanni è un personaggiocompassionevole, e invece impone a se stesso di apparire gaio, pieno difrenetico desiderio di vivere, di conquistare donne, di divertirsi; main realtà riesce a godere ben poco di tutto questo.Nell’intimo è un’anima perduta, ma nella vita unprivilegiato…qualsiasi cosa abbia potuto pensarne Mozart, e adispetto di tutto, Don Giovanni è una figura di ribelle, dianarchico rivoluzionario seppure ricco e pieno di privilegi”.
PUCCINI E VERDI. MADAMA BUTTERFLY E TRAVIATA
Il secondo appuntamento della stagione sarà con Madama Butterflydi Giacomo Puccini, composta nel 1904 su libretto dei fidati GiuseppeGiacosa e Luigi Illica tratto dall’omonimo dramma di DavidBelasco. Di tratta dell’opera prediletta dall’autore chel’ha definita “la più sentita e piùsuggestiva che io abbia mai concepito”, la quale segna un ritornoall’intimismo e alla poesia delle piccole cose, al drammapsicologico attento soprattutto ai sentimi interiori. Affascinato dalpersonaggio della protagonista, Puccini studia la musica, i riti e lacultura del Giappone, per cui l’esotismo, che caratterizzal’opera, non risulta di maniera e appare aderente alla partitura.Tutta incentrata sul personaggio di Butterfly, l’opera deve ilsuccesso non solo al suo intero spartito, ma anche a celebri arie comeil Coro a bocca chiusa, Un bel dì vedremo, Tu, tu? Piccolo Iddio, il duetto Viene la sera, Addio, fiorito asil.
Ritorna poi ritorna sul palcoscenico dello Sferisterio, dopo alcuni anni di assenza, La Traviatadi Giuseppe Verdi, un’opera che gode sempre di una immensapopolarità. Il grande maestro, dopo un periodo di crisi legato atragiche vicende familiari, rigenerato dall’incontro conGiuseppina Strepponi, s’immerge in un frenetico periodo di lavoroche inizia nel 1844 e che egli stesso definisce “gli anni dellagalera”, durante i quali compone I due Foscari, Giovanna d’Arco, Alzira, I Masnadieri, Macbeth, Luisa Miller, Il corsaro, La battaglia di Legnano, Stiffelio. Terminato questo ciclo febbrile, arriva il momento di comporre la grande trilogia popolare formata da Rigoletto, Il Trovatore e La Traviata su libretto del fedele Francesco Maria Piave tratto dal romanzo di Alessandro Dumas figlio La signora delle Camelie (dove i protagonisti si chiamano Margherita e Armando) Dopo l’insuccesso di Venezia nel 1853, Verdi scrive che “La Traviata ha fatto un fiascone e peggio, hanno riso: Eppure, che vuoi? Non ne sono turbato. Per me credo che l’ultima parola sulla Traviatanon sia quella di stassera” e naturalmente aveva ragione lui enon il pubblico scandalizzato dalla “immoralità “del soggetto per aver portato sulla scena come protagonista una“donna perduta”. Al contrario Violetta diviene ben prestouna delle grandi e immortali eroine del melodramma e tuttal’opera appare come l’opera più ricca diinteriorità psicologia di tutto il teatro romantico. Nel momentoche la giovane donna cede al perbenismo e al moralismo di Germont,padre di Alfredo, si dimostra capace di sacrificare, per amore diAlfredo, i suoi sentimenti, il suo avvenire e la stessa sua vita.
HANDEL. IL TRIONFO DEL TEMPO E DEL DISINGANNO
Georg Friedrich Handel (1685-1759) è stato uno dei piùgrandi compositore del Settecento, iniziando a comporreall’età di dieci anni, scrive il suo primo melodramma (Almira) nel 1705 e da quel momento crea, oltre alla musica strumentale, una serie di opere importanti (Rinaldo, Il pastor fido, Giulio Cesare, Tamerlano, Ariodante, Orlando, Alcina, Serse). Handel compone anche una serie di oratori di vario argomento tratti per lo più dall’Antico Testamento (Saul, Sanson, Belshazar, Debora, Athalia, Judas Maccabeus),oltre al celebre Messiah; più rari quelli a tema profano (Semelee Hercules). In tutti il compositore si distingue per la potentecaratterizzazione dei personaggi nella scrittura dei cori che vanno dalsemplice commento a lunghi brani articolati in varie parti con notevoleimpegno strutturale, per cui gli oratori sono delle vere e propriecomposizione drammatiche al pari dei melodrammi. Pier Luigi Pizzi hagiustamente programmato la chiusura del Festival con questo raro eventomusicale rappresentato Il Trionfo del tempo e del Disinganno.Si tratta di uno dei più brillanti oratori composto da Handelnel 1707, durante il suo soggiorno romano, del quale esistono altre duesuccessive versioni: quella degli anni Trenta sempre in italiano e conl’introduzione di nuove arie e dei cori, che nella prima versionenon esistono; infine si ha la versione del 1757 con il libretto ininglese intitolata The Triumph of the Tineand Truth.
Nell’Auditorium di San Paolo a Macerata andrà in scena laprima versione dell’oratorio del 1707, composta su libretto delcardinale Bendetto Pamphilj (1653-1730), mecenate romano e poeta capacedi comporre raffinati versi barocchi, che scrive il testo durante laquaresima come concerto quaresimale, in quanto la tematica trattata eraquella del trionfo del Tempo e della Verità sulla Bellezza e sulPiacere. Nel testo del Pamphilj il Tempo è il personaggioprincipale dell’oratorio ed afferma in modo solenne “Fa dime miglior uso, perché se con tardo pentimento mi chiamerai, iodirò non sento; l’altro personaggio-chiave è laBellezza che, dopo brillante Sinfonia “all’italiana”canta l’aria Vaghe perle, dove dice “Fido Specchioin te mi vagheggio lo splendor degli anni miei: pur un dì licangerò. Tu sarai sempre qual sei, io qual son, e in te miveggio, sempre bella non sarò”. A questo punto intervieneil Piacere per stabilire un patto/inganno: “Io che sono ilPiacere giuro che sempre sarai bella” e la Bellezza risponde:“Ed io che sono la bellezza giuro di non lasciarti: e si manco difede importuno dolor mia sia mercede”. Ma questa alleanza tra ilPiacere e la Bellezza, ha termine quando questa si rende contodell’errore che avrebbe commesso seguendo le lusinghe delPiacere. Infatti la Bellezza si ravvede quando capisce il Tempo avrebbefinito per consumarla: “Ma che veggo! Che miro? Io credead’esser bella e son deforme. Nelle mie chiome bionde con catenedi rigidi serpenti, la vergogna e il dolore, morda nei miei contentipensieri. Sì, cadete a terra ricche pompe del crine! Sia questogiorno ai miei deliri fine”. Alla fine è il Tempo adessere il vincitore e il Piacere è costretto a fuggire“come nembo che fugge col vento/da te fuggo sdegnato e severo./Sel’inganno è il mio solo alimento/come viver io posso nelver?”. A sua volta la ravveduta Bellezza conclude cosìl’oratorio: “Tu del Ciel ministro eletto/non vedraipiù nel mio petto/voglia infida, o vano ardor./E se vissiingrata a Dio,/tu custode del cor mio/a lui porto il nuovo cor”.
CAMUS/D’AMICO. LE MALENTENDU
La novità assoluta del Festival 2009 è costituita dalla esecuzione in prima mondiale assoluta dell’opera Le Malentendudi Matteo D’Amico tratta dalla omonima commedia di Albert Camus,L’autore Matteo D’Amico si è avvicinato da non moltoall’opera lirica e sempre in questo stesso anno ha composto peril Maggio Musicale Fiorentino Patto di sangue su libretto di SandroCappelletto tratto dalla commedia “nera” di Ramon delValle-Inclàn Retablo de la avaricia, la lujuria y la muerte; inoltre sta preparando per l’autunno 2010 Fuga da Bisanzio,una cantata su testi in prosa e versi di Josif Brodskij. Per ilfestival maceratese ha musicato quest’opera di Camus ches’inserisce perfettamente nella tematica dell’inganno,in quanto è proprio un vicendevole inganno a spingere ipersonaggi di questa moderna tragedia verso il loro drammatico destino.L’autore, a differenza dei compositori dell’avanguardiapostbellica che lo hanno preceduto, ha avuto un approccio più“sereno” verso il melodramma grazie al rinnovato climaculturale, dove si coglie l’esigenza di accostare la musica allaparola e alla scena teatrale. Da questo egli dice “èpartita la mia personale voglia di opera, da intendersi comeennesimo tentativo di comunicare emozioni attraverso la musica e ilteatro, o meglio attraverso la musica che si fa teatro o, ancorameglio, attraverso il canto che si fa teatro, cioèpersonaggio vivo e compiuto, del tutto giustificato nel suo esistereattraverso il canto”. L’autore ha voluto rispettare quasiintegralmente il testo teatrale nella sua altissima qualità edefficacia teatrali, puntando sull’intimità e lainteriorità della vicenda e scegliendo per questo un organicoestremamente ridotto, formato soltanto da cinque archi, una fisarmonicae un clarinetto. L’impiego nell’opera lirica di unostrumento particolare e inusitato come la fisarmonica è statosuggerito a D’Amico dall’avere composto le musiche per lamessa in scena del Malinteso diretta da Pietro Carriglio, dovela fisarmonica la protagonista assoluta della scena per cui èstato naturale farne l’elemento portante dell’organicocameristico dell’opera.
Nel secondo dopoguerra francese, al di là dell’etichettaesistenzialista, il teatro di Sartre e Camus rimane un esempio di comesia possibile sfruttare la vecchia formula del dramma borghese perrealizzare un teatro politico-filosofico capace di diffondere le loroidee. Albert Camus (1913-1960) si accosta al teatro dopo una esperienzacome attore e regista nella nativa Algeri, dove aveva fondato nel 1936il Théatre du Travail. Egli debutta proprio con il dramma Le malentendu,scritto nel 1944, dove viene affrontato il dramma del vivere quotidianodilaniato dalla guerra e segnato dall’alienazione dei rapportiinterpersonali sul modello della tragedia greca, da cui Camusl’unità di luogo e di tempo con soli quattro personaggi(La Madre, sua figlia Marta, suo figlio Jan e la moglie di questiMarta), più la figura di un vecchio domestico muto che pronunciasoltanto due battute finali. Si tratta in sostanza di un apologo sullafine dell’istituto familiare che entra in crisinell’impatto con il mondo contemporaneo, ma anche sul destinodell’individuo costretto a vivere in un mondo assurdo,irragionevole e privo di qualunque luce trascendente: la continua lottaalla ricerca della felicità e della conoscenza come la presenzadel dolore e della morte negano all’uomo la possibilità didare un significato all’esistenza, ma la dignità umanaè legata alla lotta contro l’ingiustizia che deve essereportata avanti malgrado la consapevolezza dell’inevitabilesconfitta, una “filosofia” che Camus esprime nel teatro enella narrativa, ma che mette a fuoco soprattutto nella raccolta disaggi L’uomo in rivolta (1951).
In uno sperduto villaggio della Boemia si trova un piccolo albergoquasi sempre deserto, gestito da Marta e da sua Madre. Le due donnesono in preda ad una alienazione fatta di solitudine e di tristezza: lagiovane sorride solo quando è chiusa nella sua stanza, mentre lavecchia è stanca di vivere perché non ha piùalcuna cosa in cui credere e vive unicamente per soddisfare i desideridi Marta che è ossessionata di “ abbandonare queste terresenza orizzonte” e dimenticare “questo paese di ombra pervivere in un paese di fronte al mare dove poter ritrovare lalibertà e la felicità. Le due donne sono diventate delleferoci assassine perché uccidono tutti i rari clienti danarosiche capitano nel loro albergo: offrono loro un tè con un potentesonnifero e, quando sono profondamente addormentati, li gettanonottetempo nel fiume che trasporterà i loro corpi di annegatifino alla chiusa. La Madre è però stanca di uccidere,anche se si tratta per lei “più che di un delitto, (di) unintervento, un leggero colpo di pollice dato ad una vitasconosciuta”. Per Marta invece “il delitto èdelitto. Bisogna sapere quel che si vuole”, infatti per leiuccidere è solo lo strumento per arrivare fino al mare:“sono stanca di portare sempre la mia anima, ho fretta di trovareil paese dove il sole soffoca qualsiasi interrogativo”. Janè giunto in albergo senza rivelare di essere rispettivamenteloro figlio e fratello, ma si è presentato come un ricco clientedi 38 anni e di nome Karl Hasech ed ha pregato la moglie Maria dilasciarlo solo in quel luogo da dove è partito circa venti anniprima e dove le due donne non lo hanno riconosciuto, per sondare escoprire i loro sentimenti. La moglie prova un’istintiva pausa,lo supplice di rivelare subito la sua identità o almeno dilasciarla al suo fianco, ma alla fine si lascia convincere adandarsene. Marta, dopo un accurato interrogatorio pur senza guardare ilsuo passaporto, consegna alla fine la chiame di una camera allosconosciuto. Ma quando questi le pone delle domande riguardanti la lorovita, Marta si rifiuta di rispondere dicendo che loro possono sologarantire soltanto una vita tranquilla e serena ai loro clienti, ma nonsono in grado di fornire un “senso d’intimità”e tanto meno delle “passioni del cuore”. La madre avverteun senso di inquietudine a causa della presenza di quell’uomo,è presa da un “pallido bisogno di onestà”,subito soffocato dalla figlia (“Che diventerebbe il mondo se icondannati cominciassero a confidare al boia le pene del loro cuore?);quello che devono fare, deve essere fatto durante la notte senza alcunrinvio.
Avviene un incontro tra Jan e Marta nella camera d’albergo:l’uomo le parla del mare, delle primavere, dello sbocciare deifiori nel suo paese; la donna parla a sua volta dell’odore dimiseria, della pioggia che nel suo paese affoga tutte le cose, dellasua voglia di mare per soddisfare la quale è disposta atravolgere tutto quello che si potesse frapporsi al suo passaggio. Janrimasto solo sul fallimento dell’incontro con la sua famiglia eviene ripreso da una “vecchia angoscia”, dalla “pauradella solitudine eterna, dal timore che la risposta non venga”.La sorella gli porta la fatidica tazza di tè ed egli la beve,chiedendosi che cosa deve fare dopo quel “pasto del figliolprodigo”. Sopraggiunge la madre che sembra presa dagli ultimiscrupoli fugati dal fatto che l’uomo ha già bevuto il suotè. Jan disteso sul letto si sta addormentando,mentre pensa chedomani ritornerà in questo albergo insieme a Maria per rivelarfinalmente la sua identità. Le due donne, dopo aver costatatoche il sonnifero ha fatto effetto, decidono di buttare il loro ospitenel fiume. Di nuovo in albergo, il vecchio servitore porge loro ilpassaporto dell’ospite e le due donne scoprono la sua veraidentità: Marta reagisce con impassibile freddezza, mentre lamadre ha un ritorno dei sentimenti e sostiene che “quando unamadre non è più capace di riconoscere il proprio figlio,vuol dire che ha terminato di recitare la sua parte sulla terra”per cui non rimane che uccidere se stessa. Marta capisce cheresterà sola e lontana per sempre dal suo mitico mare doveavrebbe potuto conoscere la libertà e l’amore tra duecorpi e, esprimendo il suo odio verso il proprio mondo decide anche leidi togliersi la vita senza chiedere perdono a Dio (“Priva del mioposto su questa terra, respinta da mia madre, sola in mezzo ai mieidelitti, lascerò questo mondo senza essermiriconciliata”). Prima però s’incontra con Maria,alla quale rivela l’assassinio del fratello/marito e la suavolontà di morire a sua volta (“è giusto che iomuoia sola, dopo aver vissuto e ucciso sola”). Maria rimanesconvolta per il dolore e per questa assurda e fredda forma di pazzia.Marta le consiglia di pregare Dio perché la faccia diventaredura come una pietra altrimenti deve entrare nella “pacecieca” della morte, “non ha che da scegliere fra la stupidafelicità delle pietre e il letto melmoso dove noi laattendiamo”, quindi la lascia sola e Maria disperata si rivolgeal vecchio servitore per chiedergli un aiuto che l’uomo lerifiuta.
IL PROGRAMMA.
Auditorium San Paolo
23 Luglio – ore 18.00
Philippe Daverio
L’Inganno
Conferenza inaugurale
Teatro Lauro Rossi
23,28,30 Luglio – ore 21:00
Wolfgang Amadeus Mozart
Don Giovanni
Direttore: Riccardo Frizza
Regia: Pier Luigi Pizzi
Sferisterio
24,31 Luglio – ore 21.00 2,5,7 Agosto – ore 21.00
Giacomo Puccini
Madama Butterfly
Direttore: Daniele Callegari
Regia: Pier Luigi Pizzi
Sferisterio
25 Luglio – ore 21.00 1,4,6,8 Agosto – ore 21.00
Giuseppe Verdi
La Traviata
Direttore: Michele Mariotti
Regia: Massimo Gasparon
Cineteatro Italia
26,29 Luglio – ore 21.00
Matteo D'Amico
Le Malentendu
Direttore: Guillaume Tourniaire
Regia: Saverio Marconi
Prima esecuzione assoluta dall’opera di Albert Camus
Teatro Lauro Rossi
9 Agosto – ore 21.00
Georg Friedrich Händel
Il Trionfo del Tempo e del Disinganno
Direttore: Guillaume Tourniaire
Regia: Pier Luigi Pizzi
Info:
Associazione Arena Sferisterio
Via S. Maria della Porta 65, 62100 Macerata.
T (+39) 0733.261335 F (+39) 0733.261499