Il Puccini di Renata Scotto presentato al Teatro alla Scala con un documentario di Sky classica a cura di Simone Di Crescenzo


di Andrea Zepponi

9 Feb 2023 - Commenti classica, Senza categoria

Presso il Ridotto dei Palchi “Arturo Toscanini” del Teatro alla Scala è stato presentato il documentario “Giacomo Puccini e Renata Scotto”, programma realizzato da CLASSICA HD (Sky, canale 136), registrato presso le sale del Museo Teatrale alla Scala. Sono intervenuti Paolo Besana, Responsabile Ufficio stampa Teatro alla Scala, Donatella Brunazzi, Direttore Museo Teatrale alla Scala, Paolo Gavazzeni, Direttore artistico Classica HD e Simone Di Crescenzo, musicologo, autore del programma.

(Le foto con Simone Di Crescenzo e Renata Scotto sono alcuni scatti inediti dal set del programma)

L’attenzione al repertorio pucciniano della grande cantante Renata Scotto implementa una questione sul canto nelle opere del grande toscano. Wagneriano, verista, decadentista floreale, mahleriano, epigono del belcanto nel ‘900? Il problema è complesso perché Puccini sembra sempre uguale a se stesso – il suo stile inconfondibile, come diceva la Callas, piace comunque, anche se lo si canta male – eppure la vocalità pucciniana tocca una quantità di esperienze musicali diverse che solo grandi cantanti come la Scotto hanno riconosciuto e ben interpretato. Artista colta, consapevole, di grande maturità musicale e vocale fin dalle sue prime apparizioni, la cantante ligure alla Scala è stata quasi sempre di casa e nel filmato GIACOMO PUCCINI e RENATA SCOTTO,tratto dal programma televisivo a cura del Mº Simone Di Crescenzo, musicologo autore del programma, ella pare muoversi nel Museo Teatrale alla Scala come nel salotto di casa sua pieno di cimeli e ricordi.

La proiezione, offerta il 5 febbraio scorsoalle ore 18 nel foyer “A. Toscanini” del Teatro alla Scala, ha confermato qualcosa che la Scotto da parte sua ha affermato per tutta la vita e cioè che Puccini lo si canta molto meglio quando si ha grande capacità belcantistica e molta cultura lirica: la scuola del direttore Luigi Ricci, che aveva conosciuto di persona il Maestro, le ha affinato, tra l’altro, il gusto teatrale, il senso della importanza espressiva delle pause, il culto della interpretazione.

Ci voleva la prolusione di Paolo Besana, Responsabile Ufficio stampa Teatro alla Scala, a ricordare l’apprendistato scaligero della Scotto, la sua parabola ascendente con i personaggi di Nannetta e di Gilda, il suo incidente del 1970 con I Vespri Siciliani, il suo rapporto mai concluso con il tempio milanese della lirica, e ci voleva l’introduzione di Paolo Gavazzeni, direttore artistico di Classica HD (Sky, canale 136) il quale ha realizzato il programma in collaborazione con il Museo Teatrale alla Scala, la Fondazione Giacomo Puccini di Lucca e il Centro Studi Giacomo Puccini, a rammemorare come alla Scala tutti i cantanti prima o poi prendono qualche fischio, persino  i grandi, e che il confronto con il passato della lirica deve essere stimolante, non frustrante, nel mondo di oggi così cambiato. Si poteva obiettare che, se il mondo cambia, non per questo cambiano le opere d’arte e sappiamo bene cosa s’intende per “cambiamento” nella lirica odierna: l’avvicendamento della regia come vettore primo di comunicazione con il pubblico. Ebbene fino all’altro ieri questo vettore era l’interpretazione dell’artista lirico. La Scotto è un esempio di ciò che è stata e dovrebbe ancora essere l’opera, genere antico con i suoi tempi e i suoi riti che si è sempre rinnovato nella sua storia guardando indietro. La vita dell’artista lirico era tutta protesa alla creazione di personaggi dal punto di vista vocale e scenico, quando l’arte lirica, formativa della persona e del pubblico, aveva un impatto incisivo sulla società italiana. Anzi la lirica era la stessa civiltà italiana. Lo è ancora? Come ha espresso Donatella Brunazzi, Direttore Museo Teatrale alla Scala, il luogo museale è un salotto che trasmette ancora il DNA del teatro milanese. Direi allora che anche l’opera viva è un luogo della memoria teso a rievocare le radici della cultura e dell’identità italiane.

L’intervento del Mº Simone Di Crescenzo ha evidenziato l’autorevole apporto della Scotto alla interpretazione pucciniana al Metropolitan dove ha cantato tutti i ruoli di Puccini tranne la Rondine e La fanciulla del West; ella fu inoltre tra i pochissimi soprani a cantare tutti i ruoli protagonisti del Trittico pucciniano nella stessa sera.

A introdurre il filmato, della durata di 50 minuti, primo di una miniserie già trasmessa nello scorso dicembre, dove lo stesso Di Crescenzo compare in veste di intervistatore e pianista, il maestro ha menzionato la sinergia delle suddette istituzioni che hanno concorso a realizzarla e soprattutto la ricchezza acquisita dal suo incontro con un’artista carismatica del calibro della Scotto che nel 1975 è stata dichiarata dal New York Times la migliore interprete pucciniana. Le sue incisioni discografiche di Madama Butterfly sono storiche e hanno fatto scuola. “Eravamo come a casa, ma ci sentivamo osservati dai meravigliosi cimeli della Scala” ha detto Di Crescenzo parlando del filmato: la Scotto vi apre il suo scrigno di ricordi accennando al suono del pianoforte reso eloquente dal maestro qualche frase pucciniana tratta dalla trilogia Illica-Giacosa: Bohéme, Tosca e Butterfly. Il dialogo fra i due è stimolante, la loro intesa è forte ma non esclusiva. La maestria della cantante emerge subito, affiora come un’onda che rianima lo spartito, lo rende vivo sotto la sua lettura profonda che investe diversi piani: quello musicale, interpretativo, vocale e scenico. Dal filmato la Scotto fuoriesce come se fosse davvero presente nel ridotto dei palchi “Toscanini” e ci parla delle eroine di un Puccini meno noto: Anna da Le Villi e Fidelia dall’Edgar, figure pregnanti di uno stile già formato, presaghe della grande stagione di Mimì, di Floria e di Cio-cio-San. Soprattutto di queste l’artista scaligera delinea aspetti reconditi e rivelatori della loro personalità scenica stagliandoli sulla sua visione organica nell’affrontare il personaggio: musica-voce-scena. L’aspetto divulgativo del filmato televisivo passa in secondo piano e fa apprezzare soprattutto il suo valore emozionale, persino quello tecnico, spesi come sono in un equilibrio elegante, pacato e privo di retoriche. Non tanto perché con la musica di Puccini “si gioca facile”. Per la Scotto, come le diceva Gianandrea Gavazzeni, il verismo non esiste: il canto lirico non conosce etichette. Tosca recita, infatti, la parte della virtuosa di canto anche nei momenti più concitati. La colonna sonora del filmato è quella evocativa di squarci orchestrali delle opere pucciniane, indi sono di scena il tocco avvolgente del maestro al pianoforte, la sua competenza e le parole illuminate della Scotto che risuonano nel tempio museale scaligero. L’arte e il magistero della cantante novantenne, esimia didatta di canto, fanno rivivere solo con qualche nota presa all’ottava inferiore la fine straziante di Mimì, di Manon e di Butterly… allora, a un tratto, una signora non trattiene lacrime di commozione alzandosi dal proprio posto. Chi ne percepisce il fremito interiore sente che proprio di questo oggi noi abbiamo bisogno: emozioni suscitate dalla grandezza interpretativa di un artista e dal suo lavoro profondo sul personaggio. Il filmato commuove, ci lascia senza fiato. Si vorrebbe continuare ad attingere ancora qualcosa dallo scrigno. Chissà quando e se verrà riaperto.

Durante la presentazione iniziale si è ricordato al pubblico il maestro Riccardo Chailly e il suo attuale recupero di letture ancora inedite di Puccini; sono stati inoltre salutati il soprano Barbara Frittoli e il tenore Fabio Armiliato insigniti entrambi nella loro carriera di premi pucciniani. Poi, dopo gli applausi al film, tutti a visitare il Museo Teatrale alla Scala.

Tag: , , , ,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *