Prima mondiale, a Jesi, dell’opera “Delitto all’isola delle capre”
di Roberta Rocchetti
1 Dic 2022 - Commenti classica
L’opera Delitto all’isola delle capre, tratta da Ugo Betti, è andata in scena al Teatro Pergolesi di Jesi in prima mondiale. Libretto è di Emilio Jona e musica di Marco Taralli. Bene le voci e il comparto musicale. Qualche perplessità sulla resa drammaturgica della partitura. Applausi del pubblico per tutti e in particolare per Andrea Silvestrelli.
(Foto di Stefano Binci)
Ugo Betti drammaturgo marchigiano, nato a Camerino nel 1892 e morto a Roma nel 1953 è stato definito “Il più intenso e profondo drammaturgo italiano della prima metà del ‘900 dopo Pirandello”, i suoi drammi, interpretati da attori del calibro di Enrico Maria Salerno e Vittorio Gassman, tendevano a subire l’influenza della professione del suo autore che fu prima pretore poi giudice che attraverso la propria profonda sensibilità e capacità di analisi si convinse che nell’uomo convivono bene e male, che sono inscindibili anche all’interno dell’anima dello stesso soggetto, che la Giustizia terrena con la “G” maiuscola è difficile se non impossibile da applicare proprio perché la distinzione tra bene e male è un confine labile e frastagliato.
Il teatro di Betti è carico di simboli, di accenni alla debolissima volontà umana, soprattutto il teatro di Betti porta a pensare all’enorme differenza tra l’illusione dell’Uomo in relazione al suo essere al centro dell’universo e la realtà che lo vede in balia di forze anche psichiche sulle quali non ha che un fragilissimo controllo.
Delitto all’isola delle capre è uno dei drammi dell’autore camerte che pone l’accento su questi aspetti: Angelo, un uomo misterioso ed ambiguo arriva appunto sull’Isola delle capre dove tre donne, Agata, il cui marito partito per la guerra non è più tornato, la sorella di quest’ultimo Pia, e la figlia adolescente di Agata, Silvia, vivono addossando i giorni l’uno all’altro in uno stato d’animo triste, vuoto e rassegnato, giorni che vengono inghiottiti uno dopo l’altro dal vuoto di vita che circonda la vecchia roulotte in cui vivono.
Angelo, giovane, bello, egocentrico, sensuale e prepotente, racconta loro di aver condiviso la prigionia col marito di Agata e di aver assistito alla sua morte, si stabilisce in casa con loro e piano piano entra nella testa, nel cuore, e nelle viscere delle tre donne, porta nella loro quotidianità, novità, vita, attenzioni, passione, sesso, rivalità, violenza, che si tramutano presto in destabilizzazione dei rapporti, sospetto, rabbia.
Finché Agata, approfittando della simbolica scala che cede un giorno che Angelo scende nel simbolico pozzo per prendere del vino, decide di lasciarlo lì, a morire di inedia, per salvare sé stessa, sua cognata, ma soprattutto sua figlia, dopo aver sentito arrivare dal fondo della voragine prima lusinghe, poi minacce, poi il nulla.
Alla fine, Pia e Silvia partiranno dall’isola delle capre per salvarsi dal niente e dagli agghiaccianti ricordi, Agata resterà ad assaporare il gusto dolce amaro del proprio sacrificio passato attraverso il sacrificio umano di Angelo.
Emilio Jona ha adattato il dramma scrivendo il libretto di quella che con la musica di Marco Taralli è diventata l’opera lirica andata in scena in prima mondiale dal 23 al 27 novembre 2022 al Teatro Pergolesi di Jesi, produzione che ha come desiderio primario quello di riportare all’attenzione del pubblico il talento di Betti un po’ dimenticato negli ultimi decenni, noi abbiamo assistito alla recita del 27 in un teatro discretamente pieno rispetto al fatto che fosse un’opera al debutto e buone ci sono sembrate le voci e tutto il comparto musicale, qualche perplessità sulla regia che forse poteva osare di più sull’ambiguità dei protagonisti, evidenziando proprio quell’intima contraddizione dell’anima che è la cifra dei drammi di Betti.
Sulla costruzione musicale preferiamo non entrare troppo nel merito, diversa è la valutazione tecnica del valore della composizione sicuramente apprezzabile dal suo impatto drammaturgico globale sul quale vorremmo invece spendere qualche parola.
Sarà che siamo convinti che l’opera è nata come espressione di carattere popolare, peculiarità che negli anni purtroppo è andato via via perdendosi per tanti motivi che sono stati analizzati più e più volte, ma ci piacerebbe che le opere a carattere musicale composte ora tornassero ad avere quella vocazione, per questo riteniamo che un’opera partorita nel 2022 non possa prescindere da tutto quello che è successo in campo soprattutto musicale, dentro e fuori l’ambito della cosiddetta “musica colta” (qualunque cosa voglia dire) ma anche teatrale, cinematografico, tecnologico, tutto quello accaduto dopo il 1960, dopo anni di Festival dei due mondi, di ricerca, sperimentazione e sperimentalismo, ma anche prima, se consideriamo che persino Mozart, e diciamo Mozart, quindi uno che dava al valore intrinseco delle proprie partiture un certo peso, usava come termometro del successo dei propri lavori il sentir fischiettare le arie di Figaro dai carrettieri al mercato il giorno dopo, termometro che considerava più attendibile degli applausi a chiusura sipario.
L’opera se vuole sopravvivere ed evolversi ha bisogno di sangue.
Applausi arrivati al termine della rappresentazione per tutti, in particolare per Andrea Silvestrelli.
Delitto all’isola delle capre
Dal dramma in tre atti di Ugo Betti
- Libretto di Emilio Jona
- Musica di Marco Taralli
- Agata la vedova del professore Sofia Janelidze
- Pia la sorella del professore Federica Vinci
- Silvia la figlia del professore Yuliya Tkachenko
- Angelo un compagno del professore Andrea Silvestrelli
- Edoardo un vettore anziano Alessandro Fiocchetti
- Direttore Marco Attura
- Regia Matteo Mazzoni
- Scene e costumi Josephin Capozzi
- Luci Marco Scattolini