MUSICULTURA FESTIVAL, vent'anni di note & poesia d'autore
Fernando Romagnoli
29 Giu 2009 - Commenti live!
Musicultura 2009 ha celebrato il suo ventennale (a fine giugno, nella magica cornice dello Sferisterio di Macerata) lanciando nuove stelle nel firmamento della musica popolare e d'autore italiana. Confermando così la sua natura, ormai ampiamente riconosciuta, accreditata, di coraggiosa fucina e vetrina di nuovi talenti, la sua capacità di infondere nuova linfa, vivacità e freschezza nel corpo della canzone nazionale. Una Rassegna sempre più influente e prestigiosa, che non smarrisce tuttavia la sua cifra stilistica, la sua connotazione di riserva indiana , il suo essere insomma un unicum nel panorama musicale italiano. L'evento musicale più innovativo e raffinato, sul quale soffia ancora lo spirito delle origini e veglia un Comitato Artistico di Garanzia che è un sigillo di qualità , di onestà e correttezza, virtù ben sintetizzate da queste parole di Fabrizio De Andrè (l'immenso Faber, rievocato, e cantato, sul palco, dal figlio Cristiano e dall'inossidabile PFM) che ne fu il primo firmatario non è mai piacevole esprimere un giudizio su dei colleghi, ma il progetto è serio e se non sono io a svolgere il compito che mi viene proposto finisce che lo svolge un altro con meno scrupoli di me .
I nomi stessi di Simone Cristicchi, Pacifico, Gianmaria Testa, Povia, Amalia Gre, che hanno da qui, da questi lidi, spiccato il volo, sono lì, puntualmente, a testimoniare l'assoluta qualità della Rassegna, la sua credibilità , la sua rilevanza.
Venti anni vissuti appassionatamente. Dai primi tempi temerari , pionieristici, in una bocciofila di Recanati, stipati come sardine in scatola, alla piazza del borgo leopardiano, dove il mago delle luci e delle scenografie Pepi Morgia dava vita a suggestive ambientazioni; a questi ultimi anni infine, nella sontuosa cornice dello Sferisterio maceratese.
Il vincitore assoluto di questa edizione è Giovanni Block, che si è così aggiudicato i ventimila euro del premio, dopo una lunga selezione, iniziata nell'autunno scorso, con l'ascolto di 1400 brani.
Al gruppo palermitano Cordepazze (il nome è un omaggio a Pirandello) è andata invece la targa della Critica (del valore di cinquemila euro) per il brano Sono morto da 5 minuti, eseguito sul palco con l'accompagnamento del corpo bandistico Bottacchiari di Castelraimondo. Un brano che parla di un incidente senza ambulanza , ha sintetizzato, tagliando corto, il leader del gruppo. E che è invece, come ha sottolineato Carlotta Tedeschi, nel siparietto post esibizione, una bellissima follia . Un sound accattivante, un matrimonio riuscito tra melodia e ironia:
Sono morto da 5 minuti
E non è che c'avevo sta fretta
C'avrei voglia d una sigaretta
Ma è chiedere troppo ai miei sensi ormai muti
Da 5 minuti.
Ma torniamo ai quattro vincitori. In primis, dicevamo, a Giovanni Block. Venticinquenne, napoletano, si esibisce da anni come flautista, con orchestre e in concerti solisti. Nel 2003 ha dato vita, insieme ad amici strumentisti, al suo progetto artistico, fondando il gruppo Giovanni Block & Masnada , col quale ha ottenuto importanti riconoscimenti. Su tutti il Premio Tenco SIAE, al miglior autore emergente 2008. Sono nato come flautista, poi ho studiato composizione, ma solo per la canzone. Anche il quartetto d'archi l'ho costruito per la canzone .
Il suo brano, L'aquilone, intenso, ispirato, poetico, con il suo lirismo terso, asciutto e malinconico, con il suo appeal da delicata ballata, venata di elegia e sottilmente straziante, si è librato nell'Arena gremita dello Sferisterio, catturando l'emozione del pubblico, rapito in un assorto coinvolgimento. à stato il breve incanto di un tempo (i pochi minuti della canzone) rarefatto, magicamente sospeso.
Un brano toccante, che riesce felicemente a sposare testo e musica. Una storia (lo si indovina facilmente) di taglio autobiografico, una vicenda privata, intima, familiare. Poche pennellate di poesia che dipingono un rapporto privilegiato e sottilmente angoscioso, di doloroso, disperato amore, con un fratello, un cucciolo d'uomo ferito, da medicare, da accudire , da proteggere, da curare . E ci è tornata in mente, irresistibilmente, La cura di Battiato, la canzone d'amore per noi più bella ed emozionante che Alice, sul palco, ha interpretato da par suo.
Un fratello da accompagnare sulle strade impervie della vita dove si può, si deve mentire per amore. E volando in groppa ad un aquilone, o sulle ali di una canzone (una canzone, canta Block, che è tuo padre) arrivare a quel punto dell'orizzonte dal quale si potrà forse intravedere uno spicchio di luna e il baluginio incerto e tremolante di una qualche possibile felicità :
Comprerò le patatine a mio fratello
Ed in più gli comprerò un ombrello giallo
Gli dirò che il mare è bello
Gli dirò che il mare è blu
Mentirò
Perchè non ce la faccio più.
Gli dirò che nella vecchia fattoria
Ci son stato ed ho incontrato zio Tobia
E che sopra questa terra
Non esistono i buffoni
Che sostanzialmente tutti
Siamo buoni
Gli dirò che il mare è bello
Gli dirò
Che il mare è blu
Mentirò
Perchè non ce la faccio più
Mentirò
Perchè non c'è una verità
Ed ammazzerò chi me lo toccherà
Me lo porterò a correre su un prato
E risparmierò
Per regalargli un flauto
Cosicchè possa
Difendersi dai ladri
Gli assassini
Cosicchè sia amato dagli altri bambini
E se un giorno mi chiedesse
Chi è mio padre?
Gli risparmierò qualsiasi
Umiliazione
Non gli farò mai capire
Quello che ho vissuto io
Gli risponderò
Tuo padre è una canzone
Ora vieni qui
Che vola l'aquilone.
Altro finalista, Iacopo Ratini. Romano, laureato in psicologia del lavoro, vanta una grande esperienza nei locali della capitale, dove porta in giro le sue canzoni, in esibizioni unplugged. Ha ottenuto riconoscimenti e affermazioni, l'ultima delle quali è la vittoria, nel gennaio scorso, al Roma Music Festival, nella sezione cantautori.
La sua verve e la sua musica (come anche la sua presenza scenica, il suo esibirsi, sul palco, imbracciando una chitarra) si inscrivono infatti nel solco del cantautorato nazionale. E di una scuola romana , potremmo anche aggiungere (ci sia concesso di usare ancora questo termine scuola, un po' usurato, se non come rigida categoria di affiliazione, almeno per circoscrivere un clima emozionale, musicale e poetico) che continua a sfornare nuovi talenti.
E una certa parentela, una certa aria di famiglia , si potrebbe rinvenire con Simone Cristicchi. Nella vena ironica e accattivante ( usa l'ironia che l'ironia ti consola , ha affermato Ratini) che percorre il testo, nella sua coinvolgente, contagiosa cantabilità , nel suo ritmo piacevole da ballata latina, nella fattura e confezione del brano, infine.
Una canzone che si candida al successo e che potrebbe anche, con un po' di fortuna, diventare un tormentone, più o meno estivo.
Iacopo Ratini (preparato, simpatico anche, spigliato) ci sembra insomma avere le carte in regola per sfondare . Ma la fortuna è cieca, come canta egli stesso, è solo un ipotesi appesa al cielo.
Studiare, lavoro, pensione e poi muoio è il titolo, curioso (e strepitoso) del suo brano, un titolo che fotografa nella sua nuda, tragicomica e sgarrupata essenzialità , un destino che è di Iacopo, certo, ma è anche, in filigrana, di tutti: e scagli la pietra chi non seguirà la strada/tracciata dalla società . Un titolo che ci fa tornare in mente una frase di Paolo Conte: Si nasce soli, si muore soli, però nell'intervallo c'è un bel traffico . Un bel traffico, indubbiamente, e anche un bel trafficare, sgomitare, spintonare, per farsi largo nella vita:
Mia nonna mi ha detto che solo il lavoro mi renderà un uomo.
Mio nonno mi ha detto che già a 15 anni raccoglieva il
Grano.
E poi me lo ha detto mio zio che il merito spesso non paga,
Lo sai quanti grandi talenti ho visto buttati per strada.
E il mondo è una caccia al tesoro per essere raccomandati,
Coltiva ed annaffia il tuo orto sennò si rimane fregati.
Studiare, lavoro, pensione e poi muoio.
Allora ho capito che cosa sarà , che solo in pensione
Farò la rockstar
E scagli la pietra chi non seguirà la strada
Tracciata dalla società .
Studiare, lavoro, pensione e poi muoio.
La consapevolezza, insomma, che la vita è una caccia al tesoro, una grande mascherata, ed anche, come si dice, un terno al lotto , un grande rebus (tanto per rubare ancora le parole all'Avvocato) e che la probabilità di farcela , di arrivare in alto, dove si sta incoronati dal sole, circonfusi dalla gloria, è piccola, incerta e remota.
E la felicità , poi, chissà dove abita, dove si nasconde, imperscrutabile. E anche qui ci corre sotto la penna una citazione che fa al caso nostro. Di Gesualdo Bufalino, questa volta: la felicità esiste. Ne ho sentito parlare . Che aggiungere?
Mia madre mi ha detto che devo studiare ed essere bravo.
Mio padre mi ha detto ti trovi un impiego
E sarai felice per sempre.
E poi me lo ha detto anche Dio che qui bisogna faticare,
Che, con il sudor sulla fronte, camicie dovremmo lavare.
Metti che campiamo cento anni, cinquanta li passo al lavoro,
Venti li ho già spesi a studiare e trenta li passo in pensione.
Studiare, lavoro, pensione e poi muoio.
Allora ho capito che cosa sarà ( )
Come dice Gianni Morandi uno su mille ce la fa,
La fortuna è cieca e la probabilità di arrivare in alto
Sai è piccola, piccola, piccola.
Giuro, sarò perfetto, fuori e dentro al letto,
Con l'amore dentro al cuore che batte senza soluzione
Di continuità .
Cara la felicità , mi sai dire dove sta
Che te la regalo per Natale
Che dopo arriva Carnevale e ci si può rimascherare?
Studiare, lavoro, pensione e poi muoio.
Studiare, lavoro, pensione, se ci arrivo.
Naif (Christine Hèrin), valdostana, ha all'attivo più di duecento esibizioni live in festival e noti locali europei e una cospicua produzione di brani originali.
Sotto una cesta di treccine bionde, un'aria vispa da furetto. Indossa una simil tuta futuribile, un po' astronauta, un po' palombara. Sono un'esploratrice, mi travesto da esploratore. Cerco di guardare e impersonare la realtà in diverse forme , ha confidato.
Futuribile è anche l'incipit musicale del suo brano, preso a prestito da Wagner, sonorità potenti e tambureggianti che ci riproiettano nelle atmosfere indimenticabili di 2001 odissea nello spazio , il capolavoro di Kubrick. Ha presentato Io sono il mare. Poche parole, ritmi densi di vibrazioni elettroniche. Un pezzo intarsiato dai felici arpeggi della sua voce, duttile e potente, che rincorre le magistrali sinuosità vocali dell'inarrivabile Bjork:
( )
Io sono il mare
E se mi crederai
Ti saprò guarire
Sono la voce
Che filtra tra le acque
E si immerge in pace
( )
Un brano colmo di energia e personalità (qualità che riscattano un po' la debolezza poetica del testo), come la sua autrice e interprete.
Nelle parole della canzone, e in quelle dette in libertà sul palco, sempre, sullo sfondo della sua immaginazione, del suo fantasticare, il mare, come un sogno, un richiamo irresistibile (dal suo mondo valdostano di immobili, imponenti montagne) quasi un compimento di se stessi.
Carmine Torchia, infine, da Catanzaro, che con <Quest'amore si è aggiudicato 2 premi: il Premio SIAE per la Miglior Musica e il Premio Afi per la Migliore Interpretazione e il Miglior Progetto Discografico.
La sua canzone scandaglia le fioriture, le promesse, gli abbagli dell'amore e i suoi abissi bui, cupi e crudeli. E i trasalimenti e gli sconquassi emotivi dell'anima, lanciata sulla giostra altalenante dei sentimenti.
Una vena cantautorale, tuttavia, la sua, che ci è sembrata un po' monocorde, soprattutto nell'andamento dimesso e monotono della canzone, priva com'è di scarti ritmici e variazioni melodiche. Con quell'espressione del titolo ripetuta fino alla nausea, come una nenia ipnotica, con un sottile, antipatico e ottundente effetto finale di trance:
Quest'amore sbucciato ha ferite alle ginocchia;
quest'amore d'oratorio di parrocchia.
Quest'amore di trent'anni, bello come un sacrificio;
quest'amore brucia come un dentrificio.
Quest'amore lo conosco da cent'anni, riconosco i suoi malanni,
pelle vecchia, pelle scura nei suoi passi.
Quest'amore ormai stanco preferisce il dopocena,
per svagarsi di nascosto e andare in cancrena.
Quest'amore è impazzito, buono solo per parlare
Quand'è solo e si mette a sragionare.
( )
Quest'amore si ubriaca, torna a casa a rivoltare
Le parole che ha pensato di scagliare.
Quest'amore si dispiace, poi si chiude in bagno a chiave
Si suicida nello specchio: malato grave
(Fernando Romagnoli)