Ottima ripartenza con “Notte per me luminosa” al Pergolesi di Jesi
di Roberta Rocchetti
30 Mag 2021 - Commenti classica
Per 54º stagione lirica del Teatro Pergolesi di Jesi è andata in scena Notte per me luminosa. La gioia della “ripartenza” sovrasta la pur ottima messa in scena dell’opera sulle “Scene liriche da personaggi dell’Orlando Furioso” di Marco Betta.
(Fotografie di Stefano Binci)
Non avrebbe potuto intitolarsi che Notte per me luminosa il ritorno alla vita del Teatro Pergolesi di Jesi all’interno della 54º stagione lirica, dopo le oscure giornate di chiusura sommatesi in mesi, dovute alle restrizioni causate dal Covid.
Nel tardo pomeriggio di sabato 29 maggio dopo il minuto di silenzio, osservato per ricordare chi a causa di questa piaga sanitaria ha perso la vita, il sipario si è aperto sulle “Scene liriche da personaggi dell’Orlando Furioso” di Marco Betta su soggetto e testo di Dario Olivieri, produzione dedicata dall’autore alla memoria di Massimo De Bernart musicista e direttore d’orchestra al quale l’autore si rivolge nelle note di sala con grande gratitudine ritenendolo ispiratore e guida.
Una messa in scena che potremmo definire condita di “realismo onirico” dove un Ludovico Ariosto alla fine della sua vita terrena evoca in una notte insonne alcuni dei personaggi del suo poema più celebre: Angelica, Medoro, Astolfo e ovviamente Orlando ebbro della sua follia.
Tra proiezioni che hanno lo scopo di sollevare lo spettatore dal piano di veglia e citazioni letterarie che attraversano diversi secoli, la musica si appoggia ai madrigali per poi snodarsi su suggestioni novecentesche ad ampio raggio, imbastita in maniera tale da rendere una sorta di frustrazione per ciò che potrebbe essere e non è, rendendo il furore di Orlando prigionia dalla quale tenta di liberarsi spogliandosi dell’armatura ma rimanendo comunque preda dei fili del fato, come dimostrano le sue movenze da pupo siciliano manovrato dal suo ideatore, suo dio e suo destino.
La voce recitante di Michele Bandini ha dato vita ad un Ariosto febbrile, inquieto almeno fino al suo arrivo alla meta finale, luogo dove si trova il modo di fare pace anche con i propri demoni e dove arriva in compagnia delle sue creature pacificate dall’immensità di un cosmo spirituale che vortica loro intorno, una ipnotica culla dove far riposare l’anima.
Alla furia di Orlando ha prestato corpo e voce Giacomo Medici eclettico baritono marchigiano dotato di carisma e spiccate doti interpretative.
Eclettismo proprio anche di Aloisia Aisemberg, mezzosoprano nel doppio ruolo en travesti dell’amoroso Medoro e di Astolfo, il paladino rimasto vittima dell’incanto della fata Alcina eppure in grado di recuperare il senno di Orlando finito sulla luna, luogo che ricetta tutte le pene che ci piace penare e che ha reso perfettamente il senso straniante e sovrannaturale del proprio ruolo.
Chiude il cast l’angelica Angelica di Margherita Hibel, giovane soprano che ha saputo rendere la levità del proprio personaggio con una vocalità dotata di cristallino vigore.
L’ottima Orchestra Filarmonica Marchigiana è stata diretta da Marco Attura che l’ha guidata al fine di mettere in luce gli elementi d’inquietudine, solennità ed elevazione della partitura fornendo un elemento fondamentale alla resa emotiva. La regia e i costumi di Matteo Mazzoni e le scene di Ginevra Fusari e Alice Gentili uniti alle luci di Ludovico Gobbi e le proiezioni di Luca Attili hanno lavorato in sinergia perfetta con il tutto.
Difficile descrivere la sensazione di ritrovarsi a teatro tra esultanza, dolore per chi non potrà più tornarvi, senso di rinascita e inquietudine per i posti ancora rigorosamente distanziati, i termo scanner, le mascherine e i sorrisi da lontano, ma che sono pur sempre sorrisi (E qui aggiungerei una nota per la perfetta organizzazione del teatro per garantire la sicurezza di tutti). Si percepisce l’inizio della fine di un incubo che segnerà il nostro ricordo ancora per molto ma che ci renderà ancora più consapevoli di che cosa preziosa siano la vita e l’arte e i moltissimi giovani tra il pubblico che hanno applaudito a lungo lo spettacolo me ne sono sembrati molto consapevoli. Ora abbiamo bisogno di gioia, di speranza, di semi che diano frutto e lasciamo che questo auspicio sia espresso dagli ultimi versi dell’opera: “E tutto a un tempo i nuvoli dintorno si dileguâro e si scoperse il sole”.
Auspico una circolazione teatrale per questo lavoro che attraverso la recensione sembra raffinato ed intelligente, proprio come il personaggio cui Marco Betta dedica l’opera: Massimo de Bernart
Un lavoro decisamente di grande raffinatezza, al cui ispiratore effettivamente l’autore ha dedicato nella presentazione parole molto sentite e commoventi, speriamo che il suo auspicio sia profetico.