Uscito “To see a lonely heart” di Giulio Larovere. Intervista al cantautore
a cura della Redazione
6 Dic 2020 - Commenti live!, Dischi
Dal 3 dicembre è disponibile in digital download e sulle migliori piattaforme streaming il nuovo singolo To see a lonely heart, parte del progetto “Road sweet home” interamente ispirato alla vita di John Knewock. Abbiamo intervistato il cantautore Giulio Larovere.
Da giovedi 3 dicembre 2020 è disponibile in digital download e sulle migliori piattaforme streaming To see a lonely heart,il nuovo singolo del cantautore milanese Giulio Larovere e primo estratto dal concept album “Road sweet home”, di prossima pubblicazione, preprodotto da Giuliano Dottori (Jacuzi Studio Milano) e coprodotto registrato, mixato e masterizzato da Larsen Premoli (RecLab Studios Milano), che trasforma in musica l’incredibile storia di John Knewock da lui stesso raccontata in un diario di viaggio che ripercorre trent’anni di vita hippie, avventure, emozioni e presa di coscienza iniziato negli anni ’60 in America. Il brano, le cui sonorità new folk e vintage trasportano l’ascoltatore indietro nel tempo, nei momenti in cui John ha vissuto le sue avventure sulle strade statunitensi, racconta le difficoltà di inseguire i propri ideali in una società malata. Il desiderio di libertà si scontra con il desiderio di dare e ricevere amore. Queste emozioni emergono in maniera netta nel momento in cui John lascia la casa dei genitori a Detroit per iniziare a viaggiare on the road. Era il 1968 e lui era solo ventenne.
Giulio Larovere sul progetto “Road sweet home”: tre anni fa mi è stata raccontata una storia che mi ha colpito profondamente, forse perché aveva tutte le caratteristiche per essere la storia di ognuno di noi. Quella di John Knewock, narrata in un diario fatto di poesie, racconti e anche canzoni. La differenza è che in questa storia un uomo ha avuto il coraggio di perseguire l’amore per la vita e celebrarla a tal punto da portarlo a fare delle scelte radicali, a rifiutare la religione e le sue incomprensibili ambiguità, ripudiare la guerra e le sue atrocità e dissociarsi dal concetto di “moralità” falsa e puritana. I suoi racconti, le sue poesie, le sue canzoni ne sono una testimonianza concreta. Dal momento in cui sono entrato in contatto con questa storia non ho più potuto frenare l’esigenza di portare avanti il progetto che vorrei presentarvi e ogni giorno che passa, comprendo sempre meglio quanto sarebbe sbagliato farlo. Ho così iniziato il viaggio, ed eccomi a presentarvi “To see a lonely heart”, primo singolo di questo incredibile racconto.
ROAD SWEET HOME – Crowdfunding TRAILER
ROAD SWEET HOME – Chapter Zero – The Story
Il lavoro di preproduzione è stato fatto in collaborazione con Giuliano Dottori il cui operato è stato decisivo nel tradurre al meglio le parole in musica. Per la cura dei suoni, la scelta degli strumenti e le modalità di registrazione, è stato affiancato da Larsen Premoli, che ha contribuito a questo progetto ricreando la tipica atmosfera di fine anni ’60 che John Knewock ha vissuto nelle sue avventure hippie. Le registrazioni di ogni singolo strumento sono state effettuate utilizzando strumentazione analogica, amplificatori a valvole, organo hammond con “leslie” vero, piano Fender Rhodes originale anni ’70 fatto passare in un ampli Fender. Sono stati microfonati le meccaniche e i tasti per coglierne al massimo l’essenza e “le dita sui tasti”. Il mastering è stato fatto su nastro magnetico con l’intento di riprodurre fedelmente, non artificialmente coi plugin digitali e i softwares, le sonorità del periodo nel quale il diario è ambientato.
To see a lonely heart
“To see a lonely heart” è stata scritta da Giulio Larovere, ispirandosi ad alcuni testi contenuti nel libro di John Knewock, e composta da Giulio Larovere,che ne ha curato anche la produzione insieme a Larsen Premoli, e Giuliano Dottori. Studi: Pre-Production Giuliano Dottori (JACUZI STUDIO, Milano); Recording: Larsen Premoli (RECLAB STUDIOS, Buccinasco); Mix: RECLAB STUDIOS (MI); Master: RECLAB STUDIOS (MI). Hanno suonato: Giulio Larovere – Vocals, Acoustic guitar; Enrico Meloni – Electric guitar; Giuliano Dottori – Electric guitar; Andrea Vismara – Bass guitar; Daniele Capuzzi – Drums; Raffaele Scogna – Keys; Vincenzo Marino – Sax.
BIO di Giulio Larovere
Classe 1974. Cantante e chitarrista acustico ed elettrico con esperienza live decennale. Improvvisatore teatrale professionista. Ha all’attivo esperienze musicali in televisione (Derby Cabaret – 5 puntate sull’emittente 7GOLD), in teatro (per 3 stagioni cantante e chitarrista nello spettacolo CAVEMAN – L’uomo delle caverne, regia di Teo Teocoli). A 38 anni, dopo 20 anni di carriera nel commercio e nell’industria, ha deciso di cambiare vita dedicandola interamente alla musica, la sua vera passione. Pubblica nel gennaio 2016 il primo EP dal titolo “My inner thoughts”. Nel 2020 torna con il nuovo concept album “Road sweet home”, ispirato al libro diario dello statunitense John Knewock.
INTERVISTA
D. Ciao Giulio e benvenuto! In questi giorni sarai decisamente emozionato per la release del singolo To see a lonely heart. Come ti senti dopo questa “nascita”?
R. Ciao e grazie a voi per questo spazio! Sono decisamente emozionato perché, benché non sia il mio primo lavoro discografico (ho pubblicato il mio primo EP “My inner thoughts” nel 2015) sento di considerarlo “il mio primo disco”. Dopo averne curato ogni aspetto, mi sento responsabile come se fosse un po’ mio figlio… cercherò di essere un buon padre! Hehehe. C’è però un mistero da svelare. Chi è John Knewock e perché “To see a lonely heart” è legato a doppio filo a quest’uomo?
John Knewock, pseudonimo di John Miller Cowen, è un uomo nato il 6/10/1948 a Detroit che a 20 anni, nel 1968, lascia la casa dei suoi genitori e comincia un lunghissimo viaggio on the road che documenta con più di 50 diari manoscritti, pieni di racconti, poesie e canzoni. Una di queste canzoni è To see a lonely heart nella quale John affronta per la prima volta, proprio all’inizio del suo viaggio, i dilemmi “sono disposto a rinunciare alla libertà, per amore?” “Si può amare ed essere amati, pur continuando ad essere liberi?” John ha continuato a viaggiare e ad amare la vita e la libertà per molti anni, prima di porsi nuovamente queste domande in un momento più maturo della sua esistenza.
D. Sappiamo che la vita di Knewock è stata straordinaria, tanto da essere raccontata in un libro. Da te vogliamo sapere: perché hai deciso di parlare proprio di lui, delle sue esperienze, piuttosto che delle tue, forse più personali anche se meno avventurose (o forse no)?
R. Già! Pensate che il libro è un estratto delle circa 2500 pagine scritte di suo pugno. Sua cugina Marjorie gli ha proposto di pubblicarle perché la sua storia è incredibile ed era insensato lasciarla dentro quei 50 diari di viaggio. John acconsentì perché sapeva che quella sarebbe stata la sua eredità e il suo messaggio per gli amici e per le persone che ha amato e che lo hanno amato durante tutta la sua vita! Per rispondere alla seconda parte del quesito… è stato il diario di John che è venuto da me, attraverso una sua amica che è anche una mia carissima amica. È stato un po’ come se questa storia non potesse più rimanere relegata solo alle pagine del libro, stampato in pochissime copie donate agli amici più cari e dovesse continuare il suo viaggio, ritornando sotto forma di musica che ha, come caratteristicapeculiare di lasciare una traccia indelebile anche quando la persona che l’ha composta non è più tra di noi. Chissà, forse nel prossimo disco mi deciderò a parlare di me… sempre che nel frattempo, non mi arrivino altre storie che han bisogno di essere raccontate 🙂
D. Torniamo a te. Musicalmente parlando quali sono gli artisti che più hanno influenzato il sound del brano?
R. Beh, diciamo che nel mio background musicale, band come Counting Crows, Black Crowes e artisti quali Lenny Kravitz (qualcuno mi ha detto che questa canzone richiamava proprio lui) Ben Harper, Bruce Springsteen, Paolo Nutini, James Morrison hanno sicuramente fatto capolino nella mia testa ma, come per il primo EP, per le preproduzioni mi sono affidato all’amico Giuliano Dottori con il quale mi sono chiuso nel suo JACUZI STUDIO. Ero certo che collaborare e farmi contaminare dai suoi ascolti (The War on Drugs e Michael Kiwanuka fra tutti) avrebbe fatto bene a queste canzoni… e così è stato, a mio modesto parere.
D. Hai recentemente compiuto 46 anni e fai un genere musicale forse distante dai gusti dei più giovani. Credi che quello che hai da dire, e da suonare, possa comunque interessare alle nuove generazioni? E se sì, in che modo?
R. Premetto che è difficile tenere a mente quanto sia sbagliato generalizzare anche se è una via molto comoda e proseguo dicendo che non credo che i giovani ascoltino solo TRAP-REGGAETON e simili anche se ne siamo tutti bombardati da ogni direzione. Il problema, dal mio punto di vista, è che è tutto estremamente veloce… e se nei primi 30 secondi (forse anche meno) quello che vedi e che senti non ti colpisce, skip e… avanti il prossimo. Anche noi adulti non siamo esenti da questa modalità, se non ci prestiamo attenzione non dedichiamo più tempo all’ascolto! Se però hai la fortuna di crescere con dei genitori che ascoltano musica differente, prima o poi la curiosità ha il sopravvento e un disco dei Pink Floyd, dei Led Zeppelin o dei Beatles te lo ascolti… io son stato fortunato in questo! Aggiungo anche che, essendo io un insegnante di Improvvisazione Teatrale ho a che fare anche con allievi giovani che hanno ascoltato le canzoni in anteprima perché le ho messe a lezione come sottofondo per il riscaldamento e devo dire che hanno apprezzato e hanno prenotato una copia tramite crowdfunding. Concludo dicendo che sono convinto che dietro a queste canzoni ci sia una bella storia capace di carpire anche l’attenzione dei più giovani… e i temi trattati, libertà, amicizia e amore, sono comunque temi che riguardano le vite di ognuno di noi, dall’adolescenza fino alla fine.
D. Ti ringraziamo per questa chiacchierata e ti chiediamo di salutare i nostri lettori con un pensiero, una citazione, nella quale ti identifichi in modo particolare.
R. Sono io che vi ringrazio per questo spazio e lascio a voi e a coloro che leggeranno questa intervista, la frase che ha accompagnato il lancio della campagna di crowdfunding di questo disco (che potete trovare, con la storia raccontata più nel dettaglio, all’indirizzo https://www.eppela.com/it/projects/29111-road-sweet-home). Ciò che il bruco chiama “fine del mondo”, il resto del mondo lo chiama “farfalla” – Lao Tse. È una frase che mi ricorda di credere sempre nei propri sogni… con me ha funzionato!
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