Gaber: un “vero” italiano
Matteo Nucci (fonte: videomusica.it)
27 Feb 2003 - Commenti live!
L'emozione generata dalla morte di Giorgio Gaber, assieme al proliferare di trasmissioni celebrative, rievocazioni, concerti che hanno fatto conoscere una figura così atipica a quella fetta di italiani che ne sapeva a malapena il nome hanno spinto il disco uscito postumo a un successo clamoroso. Non c'è dubbio. L'idea di avere tra le mani una sorta di testamento ha portato Io non mi sento italiano in cima alle classifiche ciò che probabilmente non sarebbe capitato in una situazione diversa. Non è difficile immaginare con che spirito la prenderebbe l'autore. Soprattutto al pensiero che il disco possa essere considerato alla stregua di un testamento. L'asprezza ironica di Gaber saprebbe come trattare simili retoriche sentimentalistiche.
Il fatto è che, nonostante ciò, il disco indubbiamente merita il successo che ha. Se ci si riesce ad allontanare un attimo dal contesto (prendendosi il tempo che necessariamente serve per farlo) e si ascoltano i pezzi con lucidità , si ritrova il grandissimo Gaber di sempre. Non resta allora che rimetterlo da capo, il disco, per cogliere quelle mille sfumature che, come sempre, percorrono i testi acuti, disincantati, critici, amari e ironici. Testi che al solito accompagnano quei delicati arrangiamenti con cui Gaber ha saputo costruire la sua formula di teatro-canzone'. Si pensi solo alle prime note che suonano sotto il ritornello il tutto è falso, il falso è tutto . L'incapacità di giudicare il mondo e se stessi, eppure il desiderio di farlo, di sfatare illusioni e menzogne che attraverso l'ambiguità del pensiero unico ricoprono il vero. Eppoi la consapevolezza che se tolgo ciò che è falso non resta più niente . O si pensi alla canzone che dà il titolo al disco. Un titolo esso stesso ambiguo, visto il senso delle riflessioni su uno stato sfasciato, su una democrazia grottesca nata dalla fine delle camice nere, su un senso di patria inesistente, su un paese che nel mondo occidentale non è che la periferia, riflessioni che però s'infilano nell'imbuto della fierezza italiana e dell'orgoglio di essere nati qui, non altrove, tanto che la canzone si conclude: Io non mi sento italiano (…) ma per fortuna o purtroppo, per fortuna, per fortuna, lo sono .
Pezzi noti agli appassionati di Gaber s'intervallano alle novità e sono straordinarie interpretazioni di L'illogica allegria e Il dilemma , una canzone con cui Gaber seppe raccontare l'amore con capacità di penetrazione e grazia insuperabili. Nessun testamento, allora. E se c'è un solo punto in cui si sente forse il dolore dell'uomo malato e improvvisamente preso da dubbi circa il proprio futuro, quel punto sorprende ancora e commuove, indubbiamente. Perchè si ascolta l'uomo Gaber riproporre di nuovo con chiarezza tutto se stesso, il suo modo antiretorico e per nulla distaccato di confrontarsi con gli altri e con la vita stessa: Non insegnate ai bambini la vostra morale ( ) Non indicate per loro una via conosciuta. Ma se proprio volete insegnate soltanto la magia della vita .
(Matteo Nucci (fonte: videomusica.it))