Intervista al cantautore, poeta e pittore Clemente
a cura della Redazione
29 Set 2020 - Commenti live!, Musica live
Dopo la recente uscita dell’album “I confini del giorno”, che abbiamo già presentato, abbiamo intervistato il cantautore, poeta e pittore Clemente.
A distanza di quattro anni dal precedente Canzoni nel cassetto il cantautore, poeta e pittore di Castelvetrano (TP) Clemente – naturalizzato ligure – torna a far sentire la sua voce conl’album “I confini del giorno” (ne abbiamo parlato su queste pagine: https://www.musiculturaonline.it/presentiamo-il-bellissimo-disco-di-clemente-i-confini-del-giorno/ n.d.r.), quarto lavoro in studio uscito il 17 settembre per La Stanza Nascosta Records.
“I confini del giorno” – spiega il cantautore – racconta una storia d’amore lunga circa dieci anni, riassunta, ipoteticamente e metaforicamente nell’arco di una giornata.”
Musiculturaonline lo ha coinvolto in una chiacchierata sul suo nuovo lavoro discografico, la pittura, la “salute” della canzone d’autore in Italia, la poesia “tradizionale” e Fabrizio De André.
D. Lei è cantautore, poeta e pittore. Quale tra queste forme d’arte la affascina maggiormente?
R. Le tre forme d’arte coesistono in me in perfetta simbiosi. In ognuna di esse credo di avere delle specifiche abilità ma so anche di avere, in ciascuna, delle lacune.
D. Parliamo del suo ultimo album, “I confini del giorno”, recentemente uscito per La Stanza Nascosta Records. Che gestazione ha avuto? A livello di sonorità c’è una continuità con i suoi lavori precedenti o si registra una parziale inversione di rotta?
R. Sentivo la forte esigenza di pubblicare, condividere queste canzoni. Poi, mentre le raccoglievo, mi sono accorto che messe in un certo ordine raccontavano una storia. Così è nato una sorta di concept album. È stato un processo quasi casuale, anche se io non credo nel caso. A livello di sonorità trovo sia abbastanza coerente coi precedenti: ho sempre privilegiato arrangiamenti pop-folk fatti con strumenti veri, prediligendo chitarre, violino e pianoforte. Nel caso di quest’ultimo album, sono stato ancora più estremista escludendo del tutto strumenti elettronici o sintetici. Credo sia una scelta dettata fondamentalmente dall’esigenza di essere totalmente sincero, sia con me che col pubblico. Inoltre, ritengo quest’album più maturo dei precedenti, sia per una maggiore consapevolezza mia, ma anche – e soprattutto – grazie alla collaborazione di tutti i musicisti che hanno suonato, e alla professionalità, mista al buon gusto, di Lorenzo Sale, tecnico del suono, che ha fatto un lavoro eccelso.
D. Secondo lei la canzone d’autore in Italia “resiste” o c’è un generale annacquamento delle tematiche cantautorali tradizionali?
R. La canzone d’autore, come qualunque forma artistica o letteraria, è inevitabilmente soggetta allo scorrere del tempo, per cui sicuramente si è trasformata così come naturalmente anche le tematiche trattate. Ci sono degli ottimi cantautori anche oggi, per cui c’è una forma di “resistenza”, ma in generale credo che la canzone d’autore, oggi, sia un bel po’ sottovalutata, complice anche quest’epoca di social e talent show che tendono a esaltare la forma sminuendo spesso la sostanza e il contenuto.
D. Quali sono i suoi riferimenti poetici?
R. Ho iniziato a scrivere poesie (e poi canzoni) grazie ai poeti decadentisti francesi, Baudelaire e Rimbaud su tutti… poi amo i poeti ermetici italiani, così come Gozzano, Pavese, García Lorca, Neruda e altri.
D. Cosa pensa della dibattuta questione poesia/canzone d’autore? Faber, su tutti, secondo lei si può considerare un poeta a tutti gli effetti?
R. La poesia e la canzone d’autore, tecnicamente, sono due linguaggi artistici differenti. Tuttavia ci possono essere, come ci sono state, delle canzoni i cui testi sono delle vere e proprie poesie in musica e, in tal senso, direi che Faber è stato senz’altro un poeta prestato alla musica.