La “Manon Lescaut” di Ascoli Piceno


Silvana Scaramucci

5 Nov 2012 - Commenti classica

Ascoli Piceno. Una Manon Lescaut ingenua e intrigante è il personaggio chiave dell'omonima opera di Giacomo Puccini secondo la lettura del regista Aldo Tabarella, unica data al teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno ma con repliche nei teatri Dell'Aquila di Fermo, del Marrucino di Chieti, del Comunale di Atri e del Comunale di Teramo. Mauro Di Giuseppe, direttore dell'allestimento scenico, Marco Carlini, direttore di Palcoscenico, lo scenografo Pier Paolo Bisleri e l'intero staff organizzativo, sotto la direzione di Tabarella, hanno studiato per il primo quadro del melodramma un unico contenitore, neutro, che funge, via via secondo le esigenze della storia, da luogo di svariati rapporti umani. Se nei quadri successivi al primo tale espediente è risultato gradevole e finanche appropriato alle tematiche che vi si proiettavano, nell'esordio ci è parso modesto nelle intenzioni, grigio e atemporale, in netto contrasto con l'inno alla giovinezza che connota l'ouverture.
Ma la Manon 2012 è risultata un'opera molto apprezzata per le qualità intrinseche al melodramma stesso. Un ottimo cast vocalistico ha restituito smalto alla filologia della partitura pucciniana, con Raffaella Angeletti nel determinante ruolo di protagonista, specialistica voce del maestro di Torre del Lago, con Leonardo Caimi, il tenore nei panni di Renato Des Grieux, voce calda e dalle coloriture tonali proprie del ruolo, con il baritono Carmelo Corrado Caruso nell'impegnativo ruolo di Lescaut e Carlo Di Cristoforo, basso dalle profonde modulazioni timbriche che ha vestito i panni di Geronte di Ravoir. Nondimeno un merito va riconosciuto anche ai tenori, bassi, mezzosoprano che hanno svolto un ruolo minore per concezione scenica, non certamente per l'interpretazione vocalistica e di performance: ci riferiamo a Davide Filipponi, Nunzio Fazzini, Alessandro Fantoni, Barbara Bucci e a tutti coloro che hanno costituito lo sfondo sociale, la vita quotidiana dell'epoca in cui la storia si colloca, circa la metà del millesettecento, ovvero il Coro. Quest'ultimo, vestito ad hoc dalla costumista Chiara Barichello in una fantasmagorica gamma di colori complementari fra loro, preparato dall'ormai consolidato (nel ruolo del massimo ascolano) m. Carlo Morganti, è stato diretto dal m. Paolo Speca. Anche nel golfo mistico c'è stata un'innovazione, non poteva essere altrimenti, data la produzione della Manon Lescaut realizzata in sinergia con le regioni Marche e Abruzzo, Fondazione Tercas, i Comuni dei cui teatri sopra abbiamo dato cenno, dell'Istituto Musicale Pareggiato G. Braga e Spazio Tre associazione teatrale di Teramo. E' toccato infatti all'Orchestra Sinfonica Abruzzese diretta dal maestro concertatore Massimiliano Stefanelli l'impegnativo compito di interpretare una delle più difficili partiture del grande maestro lucchese. Non sono pochi gli intermezzi e i brani concertati in cui Puccini che in prossimità della stesura dell'opera in questione ebbe modo di occuparsi di partiture wagneriane, in special modo di quelle de I Cantori di Norimberga – rimandano ad armonie del Tristan und Isolde, soprattutto nel duetto di Des Grieux e Manon del II atto e nello splendido intermezzo preludio all'atto III.
Parigi e la Lousiana: le terre dell'amore,della passione, della vitalità e della morte hanno preso drammatica consistenza, pur nella desolazione voluta dalla coreografia dell''ambiente, proprio dallo sconfinamento musicale di Puccini nel Musikdrama wagneriano.
Il pubblico ha gradito con molto calore la proposta operistica ma non possiamo non rilevare con rammarico i troppi posti vuoti sia in platea che nei palchi , almeno fino alla conclusione del primo atto.
(Silvana Scaramucci)


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *