Intervista ad Alessandro Sicardi in arte “Kape”
a cura della Redazione
6 Apr 2020 - Commenti live!, Musica live
“Musiculturaonline” ha incontrato Kape, compositore e polistrumentista che ha recentemente pubblicato per La Stanza Nascosta Records, dopo molteplici collaborazioni discografiche, il suo primo album solista, Cliché.
Kape è un alias di Alessandro Sicardi. Le sue canzoni mescolano i colori primari: funk, R&B, soul, dance, rock e pop sembrano interagire tra loro, in un gioco imprevedibile di contaminazioni. Melodia e ritmo sono la tela necessaria sulla quale dipingere. La libertà e la musicalità di Danilo Mazzone e Stefano Grasso completando il quadro, arricchendolo di sfumature inedite. Abbiamo presentato già su queste pagine il suo singolo Monday Party (https://www.musiculturaonline.it/dal-9-novembre-e-disponibile-monday-party-di-kape/) il suo primo album Cliché (https://www.musiculturaonline.it/esce-oggi-lalbum-cliche-del-compositore-e-polistrumentista-kape/). L’abbiamo incontrato e intervistato.
D. Dall’inizio del ’96 comincia a interessarsi all’armonia e all’improvvisazione jazz, vuole parlarci di questa pratica? In particolare, è d’accordo con l’affermazione di Giancarlo Schiaffini, “l’improvvisazione non si improvvisa”?
R. Assolutamente d’accordo; l’improvvisazione è composizione istantanea, e quindi per poterla padroneggiare occorre aver “macinato chilometri” in termini di musicalità. Per me è stato fondamentale iniziare a scrivere quando ho approcciato l’improvvisazione, sono due pratiche che procedevano di pari passo arricchendosi l’una con l’altra.
D. Nell’ottobre 2004 si laurea in “Scienze della Comunicazione” a Milano, con una tesi in “Storia e critica del cinema” sulla “Analisi di una colonna sonora”. Quali sono i suoi riferimenti cinematografici?
R. Mi piacciono tanti registi, non posso dire di avere dei preferiti; prediligo quelli che hanno un’impronta particolare, un modo di raccontare visivamente gli eventi. E che non sono inscrivibili in un filone particolare, ma che hanno affrontato diversi stili e generi. Così, a bruciapelo, posso dire che i primi che mi vengono in mente sono Leone, Kubrick, Lynch, Chaplin, Tarantino, Anderson.
D. Nel 2008 e 2009 gli Ottavo Richter vengono “reclutati” da Radio 2 come band ufficiale dell’evento Caterraduno (ospiti musicali la Banda Osiris, Max Gazzé, Petra Magoni e Ferruccio Spinetti, il direttore del Tg3 Di Bella e David Riondino). In quell’occasione lei ha arrangiato (per big band ridotta) tutti i brani della serata. Che ricordo conserva di quell’esperienza?
R. Bellissimo, perché avevo lavorato a molti pezzi differenti, e avevamo avuto occasione di suonare con artisti diversi. Tutti molto collaborativi. E, soprattutto, il Caterraduno è un evento molto seguito, quindi ci esibivamo davanti a un sacco di gente e in un clima davvero fantastico.
D. Sabato 11 gennaio è uscito su tutti i maggiori digital-stores “Cliché”, il suo primo lavoro solista, per l’etichetta La Stanza Nascosta Records. Ci vuole parlare della gestazione dell’album?
R. Ho sempre scritto tanto nel corso della mia vita musicale, ma le canzoni sono arrivate “tardi”; anche perché, pur amando cantare, ho iniziato a esplorare la mia voce solo negli ultimi anni. Amo la black music e avevo scritto svariate canzoni in inglese (il genere non si sposa, secondo me, con l’italiano). Ho pensato di mettermi in gioco in prima persona, e ne ho scritte altre, con l’idea di avere un album coerente ma variegato. A quel punto ho pensato a due musicisti con cui potessi mettere in piedi il tutto, e la scelta è caduta su due ragazzi davvero bravissimi, Danilo Mazzone (tastiere) e Stefano Grasso. Loro hanno messo davvero la loro musicalità “a servizio” delle canzoni, proponendo in maniera naturale soluzioni molto belle e originali.
D. Com’è nata l’idea di realizzare anche un Compact book?
R. Ero un po’ sconsolato perché volevo un supporto fisico da poter vendere, ma anche regalare: il digitale in sé lo trovo freddo e incompleto, per certi versi. Ma la realtà dice che la maggior parte delle vendite di musica sono “liquide”. Confrontandomi con mia moglie Alisa, che è piuttosto creativa, mi suggerì di scrivere un libro. Anche perché mi piace scrivere e leggo tanto. Accolsi l’idea e mi misi al lavoro, raccontando in “Cliché” come è nato ogni brano, dalla primissima ispirazione al completamento. È stato molto divertente mettermi “a nudo” e ho riscoperto cose che in un certo senso avevo dimenticato; e mi è sembrato un atto dovuto nei confronti di ogni composizione, che amo indistintamente.
D. Quasi quotidianamente – dall’inizio della quarantena – propone, in diretta Instagram, il suo format “Kapediem”. Come sceglie il tema della puntata?
R. A volte accolgo suggerimenti dai follower/amici/fan, che sono spesso ispiratori; in generale comunque cerco di selezionare temi che mi piacciono (e fortunatamente sono tantissimi) e che possano incuriosire la maggior parte delle persone.
Grazie e a risentirci presto.