“Così fan tutte” di Ancona, in attesa di Macerata
di Anna Indipendente
18 Lug 2011 - Commenti classica, Musica classica
ANCONA.Ha tenuto tutti col fiato sospeso il Così fan tutte, ovvero la Scuola degli amanti, di Wolfgang Amadeus Mozart, andato in scena al Teatro delle Muse di Ancona dal 16 al 23 gennaio scorso, con cui si è inaugurata la stagione lirica 2011 della Fondazione. Si è trattato di un nuovo allestimento che rinnova la coproduzione con lo Sferisterio Opera Festival di Macerata per la regia, scene e costumi di Pier Luigi Pizzi, direttore d’orchestra Daniel Kawka a capo dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana; il Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini”, è stato diretto dal M. David Crescenzi.
La freschezza e la giocosità dell’opera sono balzate fuori fin dall’inizio quando, durante l’esecuzione ineccepibile dell’ouverture i due protagonisti maschili, Guglielmo (baritono Markus Werba) e Ferrando (tenore Paolo Fanale), tra uno scherzo e l’altro hanno eseguito esercizi ginnici (delle flessioni) a torso nudo sulla spiaggia davanti alla casa delle loro amate Fiordiligi (soprano Carmela Remigio) e Dorabella (mezzosoprano Ketevan Kemoklidze), elementi questi, (complicità e competizione) che hanno introdotto subito nel vivo dell’azione: la scommessa beffarda con il cinico don Alfonso (baritono William Shimell) che mette alla prova l’amore e la fiducia delle due coppie attraverso una serie di giochi e di travestimenti. Come scrive al riguardo Hildesheimer “Così fan tutte: si potrebbe trasformare il titolo in “Così fan tutti”. Infatti la mancanza di fedeltà delle donne, uno dei luoghi comuni prediletti del tempo, è superata di gran lunga dalla mancanza di morale degli uomini………modelli esemplari di abiezione maschile, più ancora del loro cinico scaltro istigatore Don Alfonso, il vecchio filosofo” che ha un corrispettivo in gonnella in Despina (soprano Giacinta Nicotra), la cameriera, in realtà serva padrona delle due sorelle, altrettanto disincantata e cinica quanto lui, ma più spontanea.
In realtà come ha ben messo in evidenza la musicologa Lidia Bramani nel suo libro Mozart massone e rivoluzionario (Roma, Mondadori, 2005), il Così fan tutte si può leggere come un elogio alla libertà dei costumi femminili in cui l’inganno diventa strumento per svelare la verità: non più l’amore basato sulla logica dell’esclusività e del possesso (Eros), ma su quella della libertà e della tolleranza (Agape), laddove, per assurdo, il concetto cristiano di perdono potrebbe diventare parte integrante di esso. Si tratta di una concezione antiborghese, libertaria e anticlericale, diffusa nella massoneria illuminista viennese di fine Settecento, che come sappiamo affonda le radici nell’antica filosofia greca (Pitagora, Platone passando per l’ermetismo alessandrino). Ma l’opera è basata anche su una struttura geometrica speculare, incentrata sul numero due (duplicità o concetto pitagorico di unione degli opposti): due donne, due uomini, due registi, in tutto tre coppie, perfetta armonia geometrica in cui il doppio dovrà essere ricondotto all’unità . Ma come? Attraverso il doppio scambio: le due donne passeranno attraverso l’altro uomo (il tradimento), perché solo così potranno rendersi conto che non si tratta di quello giusto e tornare sui propri passi, cioè l’antico fidanzato. Mai in nessun altro compositore si è realizzata una congiuntura così profonda tra vita, musica e filosofia.
Molto eclettica la scelta dell’unica scena che raffigura una villa al mare, protetta da scogli, con due grandi terrazzi, posti a livelli diversi, che si affacciano sulla spiaggia, e su di essa una barca, l’altro luogo su cui si svolgono gli eventi dell’opera. I colori sono chiari e tenui come quelli di certe case al mare di stile mediterraneo che siamo abituati a vedere durante i nostri viaggi estivi al sud e appunto la mediterraneità dell’ambiente (l’azione si svolge a Napoli) è messa in evidenza dall’unico elemento verde della scena, una pianta di agrumi, posizionata sul terrazzo al primo piano.
I colori bianco e nero dei costumi, molto femminili e di taglio modernizzante di Dorabella e Fiordiligi, contrappuntano quasi geometricamente ad arte il trascolorare dei loro sentimenti dalla gioia alla disperazione più cupa, come pure la disinvoltura nel modo d’indossarli, delle volte più castigate, altre più scollacciate, rivelano il grado di adesione alla seduzione dei nuovi amanti; bianco nero – bianco è la loro successione.
Il viaggio nel clima d’intrigante seduzione sensuale ed erotica, il leit motive di tutta la commedia che arriva al clou nel secondo atto è davvero interessante: qui evidenziato in certe scene di Fiordiligi con movimenti copulatori veramente espliciti.
Riguardo alla parte musicale, è stato scelto di considerare il coro come elemento presente musicalmente, ma non visivamente sulla scena e ciò tutto sommato non ha arrecato danno all’economia dello spettacolo.
Riguardo al cast vocale senz’altro di tutto rispetto è venuta fuori in maniera preponderante l’esperienza, la versatilità e la bellezza vocale del basso/baritono Shimell, veramente convincente; così come è stata fresca e accattivante l’interpretazione del soprano Giacinta Nicotra, anche in certi brevi recitati, inappuntabili le performances del soprano/mezzosoprano Ketevan Kemoklidze e del baritono Markus Werba. A proposito degli unici due italiani presenti nel cast: partecipata, e amabile l’interpretazione del soprano Carmela Remigio, a tratti un po’ discontinua nella resa vocale soprattutto nei concertati, spesso poco appoggiati e con qualche suono nasale qua e là quella del tenore Paolo Fanale.