“Opera for Peace” nella Capitale d’Europa


di Alma Torretta

28 Gen 2020 - Commenti classica, Musica classica

A Bruxelles, sul palco dello Studio 4 di Flagey, giovani tanto bravi quanto impegnati per la pace quali i cantanti Marina Viotti, Jesse Mimeran o Yanis Benabdallah, o i musicisti Edgar Moreau, Ester Abrami o Gabriel Bianco.

BRUXELLES. Sono giovani, talentuosi, dieci artisti provenienti da otto Paesi e culture differenti, uniti dall’amore per la musica che hanno dato vita ad un progetto, “Opera for Peace”, obiettivo utilizzare la notorietà dell’opera per veicolare un messaggio di pacifica convivenza possibile e di ricchezza accresciuta dalla diversità, con un tour mondiale che ha fatto tappa prima a Parigi e poi la settimana scorsa a Bruxelles, nello Studio 4 di Flagey, famoso per la sua acustica, e adesso sarà la volta di Londra, Vienna, Monaco, Berlino, Madrid, Pechino, Tokyo, Doha, Mascate, New York ecc. L’idea è del tenore franco-americano, ma nato in Belgio, Jesse Mimeran che ha ottenuto il patrocinio dell’Unesco, del Forum internazionale per la pace e della Dichiarazione Universale dei Diritti umani. Quindi discorsi iniziali delle istituzioni, e poi finalmente la parola alla musica, anche se purtroppo a Bruxelles ben tre degli artisti del gruppo erano presenti ma non in forma perfetta e quindi il programma previsto, un viaggio tra musica classica e popolare molto ben costruito, è stato un po’ ridimensionato. Così l’atteso mezzosoprano svizzero Marina Viotti, laureata l’anno scorso “Best Young Artist” agli Opera Awards di Londra, invece che come Rosina ha aperto il concerto cantando Carmen, ma lo stesso si è fatta molto apprezzare per il suo bel timbro e per padronanza scenica. Ottima prima impressione confermata successivamente quando ha cantato la Barcarolle di Offenbach con il soprano russo Elizaveta Ulakhovic, quest’ultima davvero toccante poi in una meravigliosa canzone di Tchaikovski, Kaby Znala Ya, che racconta di una donna abbandonata dal suo amore, splendida interpretazione di un saliscendi d’emozioni di disperazione, rabbia, rassegnazione. Se quando canta in russo è perfetta, la Ulakhovic deve invece però ancora un po’ lavorare la sua dizione italiana, come ha dimostrato anche nel duetto dall’Elisir d’Amore in coppia con Jesse Mimeran come Nemorino. Tenore quest’ultimo invece perfettamente comprensibile in italiano e che aveva già prima regalato un’ottima “Furtiva Lagrima”, precisa, dal fraseggio e dagli accenti assai curati, una bella voce che ricorda un po’ quella di Francesco Meli, e non è paragone da poco.  Una bella sorpresa poi anche il tenore Yanis Benabdallah, padre marocchino e madre ungherese, tecnica vocale ancora un po’ da affinare ma bel timbro, molto musicale, voce squillante, alto e di bella presenza scenica, solo ancora un po’ rigido, che cattura lo sguardo: assai elegante in “Dio che nell’alma infondere” dal Don Carlo di Verdi, fiero ed insieme dolcissimo in un canto tradizionale del Maghreb che accompagna con un tamburo insieme a Gabriel Bianco, splendido chitarrista classico, considerato uno dei migliori della nuova generazione, grande virtuoso dello strumento. A completare il gruppo di cantanti, il basso belga Ivan Thirion che si presenta in scena come Toreador con il “Votre toast” dalla Carmen, aria cantata con piglio deciso ma non adatta all’artista, voce piacevole ma che manca un po’ di volume e profondità, che si è invece fatta molto apprezzare nel bel brano, cantato nella versione francese, “The impossible dream”, dal musical Man of la Mancha di Mitch Leigh. Bravissimi tutti poi i musicisti che si sono alternati ai cantanti in brani solistici, o li hanno accompagnati, a cominciare dalla già ormai star Edgar Moreau, violoncellista parigino, nato nel 1994 ma con già quattro album da solista all’attivo, che suona un violoncello di David Tecchler del 1711, davvero entusiasmante per suono preciso, senza sbavature, fluidità e naturalezza, un piacere puro ascoltarlo. Davvero riuscita poi l’intesa tra Moreau e la pianista Christie Julien che contribuisce a creare atmosfere magiche con il suo tocco svolazzante di profonda ispirazione, allo stesso tempo anche grintoso e deciso. Suono meno personale ma ottima tecnica invece per l’altro pianista, pure francese, Auréle Marthan, sicuro accompagnatore e grande simpatia in scena. L’altra grande star della serata è stata infine la violinista Ester Abrami, anche lei giovanissima, seguitissima sui social media e già molto impegnata per la diffusione della musica classica tra i bambini ed i giovani. Per il suo virtuosismo ha l’onore di suonare un settecentesco violino di Landolfi. Gran finale, tutti insieme, con una canzone popolare sacra israeliana, “Yerushahaylm Shel Zahav” (Gerusalemme d’oro), cantata per la prima volta in sei lingue (inglese, russo, francese, fiammingo, ebraico e arabo), un meraviglioso inno alla pacifica convivenza nella diversità ma uniti dalla musica che regala speranza per il futuro.

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