Guidotti per Pergolesi


Andrea Zepponi

27 Lug 2009 - Commenti classica

FERMO – Il trecentenario dalla nascita di Pergolesi (1710) è alle porte e le celebrazioni cominciano a fiorire; prima fra tutte nelle Marche è stata quella del Conservatorio di Fermo G. B. Pergolesi che ha aperto la serie celebrativa con una serata ricca di spunti e di sorprese. La sera del 4 giugno 2009 al Teatro dell'Aquila di Fermo è andata in scena un'edizione della Serva Padrona del grande maestro jesino e nella stessa serata la prima rappresentazione assoluta dell'intermezzo dal titolo Celebrazione Celebre con musica del M Benedetto Guidotti in una produzione interamente del Conservatorio fermano diretto dal M Silvia Santarelli, con il sostegno della Città di Fermo e della Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo. Il capolavoro pergolesiano ha trovato una realizzazione insolita e accattivante in un gioco continuo di rimandi all'attualità perchè la regia di Daniela Terreri è riuscita a declinare l'esigua vicenda settecentesca della servetta impertinente (Serpina – soprano), che con l'aiuto e la complicità di un altro servo (Vespone mimo) piega al matrimonio l'abulico e lunatico padrone (Uberto – basso), in un quadro di vita attinente ai nostri schemi odierni; l'intermezzo di Pergolesi non era forse celebre al suo primo apparire per la vivezza dei caratteri e la verosimiglianza della situazione suscitando gli entusiasmi del pubblico? Così la messa in scena si è valsa non solo di abiti moderni, e fin qui nulla di particolare, ma ha raccolto tutte le occasioni per svecchiare la convenzionalità e diciamo anche la stucchevolezza della situazione scenica: ad esempio – siamo o no in un ambiente napoletano come fa pensare il libretto di Gennaro Antonio Federico? Allora il travestimento di Vespone nella seconda parte era quello di un camorrista che si atteggiava a protettore di Serpina e che obbligava Uberto minacciandolo di sposare con dote la ragazza. E poi per quanti vorrebbero vedere uno spaccato del mènage familiare di Uberto – Serpina, ecco la scenetta del duetto finale aggiuntivo Per te ho io nel core (tratto dal Flaminio dello stesso Pergolesi) resa vivace dalla rappresentazione prolettica delle beghe della vita matrimoniale con tanto di viaggio di nozze, le prime stanchezze e la noia degli sposi, i figlioli da curare il tutto con una fantasia e una vena di trovate divertenti, ironiche e gustose che facevano sopportare meglio la non piena aderenza al ruolo vocale di Uberto di Nicola Ziccardi: da ricordare che Uberto è un vero basso dalla grande estensione e non può essere interpretato a pieno titolo da baritoni ibridi e senza la zona grave. Aggraziate e credibili, anche dal punto di vista dello stile vocale, le due Serpine che si sono alternate una nel primo atto, Cao Hui, dalla buona e comprensibile pronuncia italiana e da Elisa Biaggi. Piacevole e insolita l'interpretazione del mimo Chiara Marangoni nella parte di Vespone che in genere si fa interpretare da un uomo. L'ottimo stile dell'Orchestra del Conservatorio G.B.Pergolesi di Fermo, nell'interpretazione di una delle poche opere del Settecento italiano che ha avuto una continuità interpretativa dal 1733 fino ad oggi, si ritrovava soprattutto nei tempi spiccati dal M Daniele Giulio Moles con il valido accompagnamento al clavicembalo di Giulio Fratini il quale ha divertito il pubblico inserendo nei recitativi alcune citazioni di motivi che alludevano alla situazione scenica, ad esempio quello della marcetta matrimoniale di Wagner al momento delle avances matrimoniali di Serpina ad Uberto, e quello del film Il Padrino all'ingresso di Vespone travestito da mafioso camorrista. La scenografia, essenziale ma ben centrata era cura della sezione Arredamento dell'Istituto d'Arte U. Preziotti di Fermo, all'aiuto regia era la stessa Elisa Biaggi e i Maestri collaboratori erano Alessandro Ciucani, Annarosa Agostini e Sabrina Gentili. L'altra parte della serata comprendeva la prima rappresentazione assoluta di Celebrazione Celebre, una composizione a guisa d'intermezzo come recita la didascalia del libretto di Fabrizio Urbanelli, con musiche del compositore Benedetto Guidotti; il genere presentato è quello di una pièce musicale che comprende melologhi, recitativi e pezzi d'insieme con sapide allusioni alla realtà degli istituti musicali in generale e a quella del Conservatorio fermano in particolare; i tre emblematici personaggi, il Direttore del Conservatorio, il Maestro Battista Doacuto e la Maestra Giovanna Dipetto erano interpretati rispettivamente dal basso Massimiliano Fiorani, dal tenore Roberto Iachini e dal soprano Doriana Giuliodoro; al di là delle allusioni alle situazioni particolari che potevano cogliere solo i conoscitori dell'ambiente musicale fermano, i riferimenti all'opera buffa erano incentrati sulle figure caricaturali del Direttore di Conservatorio che la didascalia del libretto vuole basso o, per necessità , baritono, corpulento, in età più verso i sessanta che i cinquanta, abito a giacca però antiquato e gualcito, capelli tutti bianchi e lunghi quanto basta a caratterizzare l'artista!; indi il tenore, aitante, alto, giovanile (non giovane), sempre pieno di sè, capello tirato a lucido come l'abito, apparentemente casual; e il soprano, giovanile (anche lei non giovane), elegante (tailleur nero), capelli impreziositi da bigiotteria scintillante (fermacapelli e quant'altro), aria superba. I tre, manco a dirlo, lavorano insieme al conservatorio sì, al Giovanni Battista Pergolesi! Il compositore Guidotti premette al libretto: La musica dell'intermezzo Celebrazione celebre , creato appositamente per le celebrazioni dei 300 anni dalla nascita di Pergolesi, si avvale spesso di citazioni della Serva Padrona. L'organico strumentale, composto da soli fiati, pianoforte e percussioni, così particolare per il genere, vuole in un certo senso, ironicamente e quasi goffamente, bilanciare l'organico della Serva Padrona alla quale l'opera è inesorabilmente legata. Nella composizione aleggia Pergolesi con uno spirito bonario, quasi come un angelo custode che sta al gioco di venire ora irriso e ora ossequiato. Il lavoro non ha potuto prescindere da quella che è la grande lezione dei mostri sacri. Sotto l'aura benevola del maestro di Jesi compaiono anche Rossini, Mozart, Puccini, Verdi qualcuno esplicitamente, qualche altro implicitamente . L'operina, che va ascritta come lavoro d'insieme nell'ambito accademico del conservatorio di Fermo, appartiene più propriamente alla tipologia del music-hall con deboli reminiscenze parodistiche di opere buffe incentrate sul mondo impresariale del melodramma come il Maestro di Cappella e l'Impresario in angustie di Cimarosa, Der Schauspiel Direktor (L'Impresario) di Mozart e le Convenienze e inconvenienze teatrali di Donizetti. Il tessuto musicale è di discreto spessore ed esula dal rango di mera esercitazione accademica perchè si ravvisa un certo padroneggiamento degli stili musicali con un gusto rivisitato alla luce di una dimensione ludica e libera da ristrettezze formali. Si nota peraltro la citazione di alcune forme musicali come il canone e il fugato a cappella nel terzetto fra i personaggi. Gustosa è stata la resa scenica e di sicuro effetto le schermaglie tra i due cantanti rivali che si concludono con una catartica e stralunata passerella finale nel riverito nome di G. B. Pergolesi. Lo staff musicale era lo stesso della Serva Padrona, che ha preceduto l'esecuzione di questa prima rappresentazione del lavoro di Guidotti, con in più il Maestro al pianoforte Maria Conti Gallenti.
(Andrea Zepponi)


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