Jesi: una Tosca barocca e imperiale


di Alberto Pellegrino

7 Nov 2008 - Commenti classica

Olga Perrier e Lorenzo Decaro - foto Binci MusiculturaonlineIl secondo appuntamento jesino con l’opera lirica è stato con un capolavoro assoluto del melodramma moderno come la Tosca di Puccini, punto di arrivo massimo e sintesi di tutto il mondo musicale pucciniano che presenta una partitura di enorme fascino per le grandi arie, per i duetti e per la presenza nel primo atto del coro che trova il suo momento di sublimazione e di esaltazione nella grande pagina teatrale del Te Deum, a cui fa da controcanto la preghiera erotica e blasfema di Scarpia. Naturalmente Puccini, che ha sempre cercato la collaborazione di scrittori affermati, si è potuto avvalere del grande libretto di Illica e Giocosa, che rappresenta un piccolo capolavoro di drammaturgia applicata all’opera lirica.
Si è assistito ad una rappresentazione molto bella anche sotto il profilo musicale per la prestazione fornita dall’Orchestra Filarmonica Marchigiana diretta dal M° Giampaolo Maria Bisanti e per la scelta intelligente fatta dalla direzione artistica, che ha puntato su giovani cantanti vincitori del Concorso Internazionale Toti Dal Monte 2008. Ambedue i cast, che si sono alternati sul palcoscenico del Pergolesi, sono stati in grado di offrire una interpretazione canora di ottimo livello con alcune punte di eccellenza rappresentate dal soprano Antonia Cifrone, una Tosca gia matura e capace di trasmettere sentimenti ed emozioni propri di questo personaggio; la stessa cosa si può dire del baritono Claudio Sgura che ha disegnato un barone Scarpia equamente diviso tra lussuria e crudeltà, astuzia e attrazione per la bellezza femminile, un personaggio che non è solo un sadico assetato di sesso e di potere, un maestro del ricatto, ma un essere dalla complessa psicologia che sa nascondere le sue voglie oscene dietro modi educati e raffinati e che è capace di esercitare, persino su Tosca, un fascino sottile e un’attrazione perversa derivanti dalla sua natura violenta e dalla sua totale dissolutezza. Una piacevole sorpresa è stata la prestazione del giovanissimo tenore spagnolo Alejandro Roy che, pure debuttando nel ruolo di Cavaradossi, ha mostrato una notevole capacità interpretativa unita ad una lodevole potenza vocale e preparazione tecnica; ne è venuto fuori un personaggio ardente e coraggioso, appassionato nell’amore come nel dolore, tale da suscitare l’entusiasmo del folto pubblico.
Massimo Gasparron, che ha curato regia, scene e costumi, ha tenuto ad evidenziare laUna scena - foto Binci Musiculturaonline componente fortemente drammatica dell’opera, attraversata da antiche passioni modernamente rielaborate dal genio pucciniano. Egli ha cercato una perfetta corrispondenza tra la Roma pontificia e le atmosfere pucciniane e ha fatto volutamente riferimento a quella rappresentazione scenica del dolore e della tortura molto presente nella pittura barocca, con particolare riferimento a Caravaggio. È stata pertanto ricostruita la Roma monumentale e cupa del Seicento, drammatica e funerea propria di certi monumenti funebri del Bernini e del Borromini. Atmosfere intense e perfettamente calibrate sono state create dal disegno luci di Gasparon e Fabrizio Gobbi, in tono con i colori dominanti del nero screziato d’oro e del giallo antico, con gli splendidi costumi della Casa Tirelli tutti rispondenti all’aulica eleganza dello stile impero con un prevalere del bianco, del nero e del verde scuro.
La scena unica per tutta l’opera è stata tripartita per ogni atto. Nel primo essa è formata da tre altari della Chiesa di Sant’Andrea con al centro la particolare croce del martirio di questo santo, ai lati la Pietà di Michelangelo e la Maddalena del Bernini, inizio e sintesi della grande scultura italiana dell’età moderna, ma anche simbolo della devozione di Tosca per la Vergine e della sua incarnazione di moderna Maddalena, divisa tra passione amorosa e appassionata religiosità. Nel secondo atto la scena si trasforma nel salone di Palazzo Farnese e diventa nella parte centrale il luogo deputato della tortura di Mario Cavaradossi, a cui corrisponde in basso il luogo deputato del dolore e della disperazione di Tosca decisa a respingere prima e a sfruttare poi le voglie sadiche di Scarpia in una fosca schermaglia di parole che si conclude con l’assassinio dell’uomo con una citazione, da parte di Gasparon, del celebre manifesto di Tosca 1899, disegnato da Adolfo Hohenstein. Nel terzo atto infine la scena diventa il carcere con i bastioni di Castel S. Angelo, dai quali si getterà Tosca quando scoprirà l’ultimo crudele inganno di Scarpia, che ha causato la morte vera di Cavaradossi, rendendo vano l’omicidio e frustrando tutte le illusorie speranze della donna.

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