Un grazie e un addio: “La riconoscenza” di Rossini al ROF


di Andrea Zepponi

23 Ago 2019 - Commenti classica, Musica classica

Al Rossini Opera Festival la cantata pastorale “La riconoscenza”. Applausi per i bravi interpreti diretti dal raffinatissimo Donato Renzetti.

Dopo le prime delle tre opere rossiniane in programma il ROF ha proposto mercoledì 14 agosto in pomeridiana alle ore 16 al Teatro Rossini la cantata pastorale La riconoscenza, in edizione critica della Fondazione Rossini in collaborazione con Casa Ricordi e a cura di Patricia B. Brauner, diretta da Donato Renzetti ed eseguita dalla Filarmonica G. Rossini e dal Coro del Teatro della Fortuna M. Agostini, con le voci soliste di Carmela Remigio (Argene), Victoria Yarovaya (Melania), Ruzil Gatin (Fileno) e Riccardo Fassi (Elpino). La cantata dedicata a Maria Luisa Giuseppina di Borbone fu l’ultimo lavoro encomiastico di Rossini ideato durante il soggiorno napoletano. L’esile vicenda drammatica su testo di Giulio Genoino è incentrata sulla volontà di alcuni pastori di onorare l’eccelsa alma Luisa, la cui grandezza è retoricamente celebrata a dovere nel dotto testo verbale. La riconoscenza ebbe la sua prima esecuzione in forma privata i primi giorni dell’agosto 1821 nella dimora di Antonio Capece Minutolo principe di Canosa: sembra certo che Maria Luisa non fosse in quei giorni a Napoli e dunque La riconoscenza fu eseguita in sua assenza. Pochi mesi più tardi, il 27 dicembre 1821, la cantata approdò al San Carlo per la prima esecuzione pubblica, in occasione di una serata di beneficio in favore di Rossini, prossimo a lasciare per sempre Napoli. Nell’aprile 1822 Maria Luisa si recò in visita ufficiale nella città partenopea e l’occasione fu allora propizia per un’esecuzione della Riconoscenza. Le maestranze napoletane riallestirono con qualche modifica la cantata, cosicché la sovrana toscana poté ascoltare, probabilmente per la prima volta, il lavoro a lei dedicato dall’amato Rossini. Le ragioni del titolo sono contingenti ma si risolvono su un piano superiore di omaggio e devozione: il Pesarese non aveva mantenuto la promessa di realizzare un’opera per le nozze del figlio della principessa di Lucca, Maria Luisa Giuseppina, appunto, la quale, prima regina d’Etruria e poi, secondo i decreti del Congresso di Vienna, “risarcita” dell’annessione del suo regno ai domini napoleonici con il ducato di Lucca, già dilettante violinista e grande ammiratrice di Rossini, gli aveva chiesto una partitura da eseguire per le nozze del figlio Carlo Ludovico, avvenute il 5 settembre 1820. Rossini, in cambio del mancato dono nuziale, le scrisse La riconoscenza che in realtà andrebbe piuttosto considerata un biglietto di scuse.

L’esecuzione in forma di concerto, della durata di un’ora circa, ha avuto il massimo risalto grazie ai suddetti professionisti della musica, in un teatro Rossini non pienissimo, ma sentitamente raccolto nell’ammirazione per una rarità rossiniana e per i suoi esecutori che hanno dipanato il tessuto musicale della cantata costellata di risonanze operistiche notissime (ad es. il coro Ah! ti vediamo ancor della Semiramide che Rossini avrebbe composto due anni più tardi): il testo evoca un mondo arcadico rivolto alla celebrazione di gesta eroiche lontane secondo un lusus alessandrino e poi neoclassico dove quattro pastori con un linguaggio forbito e devoto esaltano le vicende di Castruccio Castracani che diviene remoto emblema della attuale maestà di Maria Luisa insediata in Toscana. La musica di Rossini ha comunque più dell’aulico che del pastorale e richiede capacità di canto superiori come dimostra l’impervia aria di Argene Al conforto inaspettato eseguita magistralmente dalla Remigio che ne ha anche dato la giusta interpretazione fiera e imperiosa con la dovuta souplesse belcantistica e ne ha avuto un degno riconoscimento dal pubblico; il tenore Gatin ha accolto la parte astrale di Fileno – che fu del giovane Giovan Battista Rubini – con buona abnegazione che fa sperare in una prossima maggior consapevolezza interpretativa, ma in quel momento la linea aulica dell’aria In giorno sì bello ne ha un po’ risentito, mentre la qualità timbrica e la pienezza d’emissione delle due voci gravi ha soddisfatto l’altezza stilistica e lo spessore richiesti: la Melania della Yarovaya è florida in tutta la gamma di autentico mezzosoprano e l’Elpino del Fassi (che sostituiva Mirco Palazzi assente per motivi familiari) – ha riproposto le ottime qualità timbriche e di emissione già evidenziate in Demetrio e Polibio. Il M° Renzetti ha mantenuto elevato il livello della esecuzione dall’alto del suo magistero e lo ha fatto mettendo in risalto la levità trasparente della timbrica strumentale rossiniana; il coro del Teatro della Fortuna M. Agostini di Fano, preparato squisitamente da Mirca Rosciani, ha coronato questo singolare omaggio musicale che soffonde quel tanto di misterioso ancora residuo in alcune opere rossiniane. Alla fine tanti applausi per tutti.

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