Salustia & company: momenti del Festival Pergolesi – Spontini
Andrea Zepponi
2 Nov 2008 - Commenti classica
Il Festival Pergolesi Spontini, nato nel 2001 per valorizzare l'opera dello jesino Giovanni Battista Pergolesi, e di Gaspare Spontini, maiolatese, esaltando di entrambi la dimensione europea e universale non si svolge in un'unica città , non è dedicato ad un unico autore, non si limita a spettacoli e concerti, ma vive in teatri, chiese, ville, parchi, piazze di diverse località , si occupa di due compositori, mescola generi e inventa spazi per la musica e il teatro. Quest'anno abbiamo seguito quelle che sono state, a nostro dire, le tappe più dense di novità del Festival: l'opera Salustia, opera prima di Pergolesi, il concerto dell'ensemble Dolce & Tempesta, il concerto del clavicembalista brasiliano Nicolau de Figueiredo al suo debutto in Italia, il concerto diretto da Giuseppe Sabbatini e Li puntigli delle donne, farsetta per musica a sette voci, prima opera di Gaspare Spontini.
La trama di Salustia narra gli intrighi in seno alla famiglia di Alessandro Severo e il libretto è liberamente ispirato al dramma di Apostolo Zeno, Alessandro Severo, che, nato nel 208, regnò tra il 222 ed il 235. Nonostante le sue virtù e le buone intenzioni, l'imperatore appare quasi interamente dominato dalla forte personalità della madre Giulia, gelosa degli onori imperiali conferiti dal figlio alla sposa Salustia. Giulia tormenta ed inganna il figlio fino a costringerlo al divorzio. Marziano, generale romano e padre di Salustia, decide di vendicare l'affronto assassinando Giulia, ma Salustia, scoperte le sue intenzioni, dà prova di eroica virtù salvando la vita della persecutrice e rifiutando di incriminare il padre. La responsabilità di quest'ultimo è scoperta in un secondo tentativo di omicidio, di nuovo sventato da Salustia a rischio della propria vita. Con questo gesto eccezionale la giovane ritrova allora il suo posto di sposa di Alessandro e ottiene per il padre una possibilità di salvezza e di perdono (attraverso un pubblico combattimento nell'arena, a mani nude, contro una belva selvaggia). Sono ben 277 anni gli anni che dividono la composizione de La Salustia dalla rappresentazione jesina del 2008 e per i complicati eventi che circondarono la genesi dell'opera, quella andata in scena al Teatro Pergolesi di Jesi si tratta di una prima rappresentazione dell'opera nella versione fedele alle intenzioni prime di Gian Battista Pergolesi, secondo la revisione critica della partitura curata dal musicologo Dale Monson per le Edizioni Fondazione Pergolesi Spontini. Composta nel 1731, Salustia è la prima opera seria di Pergolesi commissionatagli dal Teatro San Bartolomeo, il più rinomato di Napoli: al centro del dramma sono gli intrighi in seno alla famiglia dell'imperatore romano Alessandro Severo (che, nato nel 208 d.C., regnò tra il 222 ed il 235) e di sua moglie Salustia causati dalla gelosia di Giulia, madre dell'imperatore. Sappiamo che alla composizione della compagnia di canto nel 1731 venne chiamato anche il celebre castrato Nicolino (Nicolò Grimaldi), uno dei migliori cantanti della sua epoca, che in quell'anno compieva 58 anni, e che doveva rivestire il ruolo di solito destinato a un tenore, Marziano, comandante romano, padre di Salustia. Ma alla vigilia della Prima accadde la tragedia: Nicolino si ammalò e morì il 1 gennaio 1732, dopo quello che sembra essere un periodo di malattia molto breve. Si ignora se abbia mai cantato nell'opera prima di morire. Cercando disperatamente una soluzione, il teatro finì per trovare un promettente giovane virtuoso: Nicolò Conti, 17 anni, più tardi noto con il nome di Gizziello, che tuttavia non era assolutamente l'interprete adatto per il personaggio di Marziano. In questa situazione Pergolesi dovette rimettere mano a ben due personaggi dell'opera: il ruolo tenorile di Marziano, di cui si era impadronito Nicolino, fu restituito al tenore in carica della compagnia, Francesco Tolve, che lasciò il ruolo del giovane Claudio cha a sua volta venne affidato al Conti. Grazie a un attento studio di Dale Monson oggi si è in grado di ricostruire entrambe le versioni di Salustia: quella prima della morte di Nicolino e quella dopo i cambi di ruoli. La prova viene dai due manoscritti ancora esistenti, uno conservato nella biblioteca del Conservatorio di musica S. Pietro a Majella, a Napoli, l'altro presso l'Abbazia di Montecassino. Il Festival Pergolesi Spontini presenta in questa occasione la versione originale, quella realizzata per includere Nicolino, che è probabilmente la versione che Pergolesi non ha mai visto in scena durante la sua vita. Agli interessanti risultati della ricerca musicologica, si è affiancato nell'esecuzione l'interpretazione dell'Orchestra della Cappella della Pietà de' Turchini, diretta da Antonio Florio, fra i maggiori complessi italiani di musica barocca, con un gruppo di cantanti versati nel repertorio barocco: Maria Ercolano (Salustia), Josè Maria Lo Monaco (Alessandro), Marina De Liso (Marziano), Raffaella Milanesi (Giulia), Cyril Auvity (Claudio), Valentina Varriale (Albina). Il francese Jean Paul Scarpitta ha firmato regia, scene e costumi; il nuovo allestimento è stato realizzato in coproduzione con Festival Radio France et Montpellier Languedoc Roussillon e Opera National de Montpellier Languedoc Roussillon.
All'opera, andata in scena al Pergolesi di Jesi, gli effetti scenici non sono mancati di certo: gli spettatori che hanno apprezzato la ricerca stilistica operata da Florio sulle voci a disposizioni, hanno anche assistito a varie sorprese che hanno del discutibile, ma sono risultate di indubbia presa sul pubblico; in primis la passione omoerotica del tutto posticcia e frutto della divinazione registica di Jean Paul Scarpetta tra Claudio e l'amasio Tirone (inesistente nel cast originale) che compariva ogni tanto come figurante a ribadire un'attrazione erotica cui soggiacevano anche altri personaggi insospettabili come Giulia Mammea imperatrice e la stessa Albina già scansata platealmente da Claudio. Un coacervo di situazioni dall'ambiguità non solo erotica, ma anche registica guarnivano una scenografia il cui pezzo forte erano delle proiezioni su fondale di vedute nebulose e marine, finchè si giungeva al momento della scena delle terme dove i nudi (forniti di calzamaglie rosa-bagnato) fungevano da conturbante fondale, mentre lo scroscio delle acque cascanti a vista (e anche all'udito ) era continuo anche durante la musica e il canto. Peraltro i bei e finemente intonati costumi rievocavano più l'ambito neoclassico di un Poussin che quello barocco; venendo alle voci è difficile affermare la loro adeguatezza ai ruoli: la difficoltà e il substrato presago di grandezza della musica di un Pergolesi ancora acerbo avrebbe dovuto essere supportati da un cast di spessore vocale maggiore e di maggiore eloquenza; invano ci si è aspettato dall'interprete di Giulia gli accenti drammaticamente virtuosistici che precorrono la vocalità di una Regina della Notte mozartiana, il peso vocale dei contralti in travesti nel ruolo di Marziano e di Alessandro era inadeguato e l'impressione di sentire delle voci prestate solo occasionalmente ai ruoli distribuiti era molto forte; unica eccezione, la vocalità di Valentina Variale in Albina ha conferito alla parte la giusta dose di accenti e quella densità che dovrebbe esser propria di ogni interprete pergolesiano che, non lo si dimentichi, ha le stesse caratteristiche vocali di quello mozartiano.
Il secondo appuntamento dell'VIII Festival Pergolesi Spontini in linea con la riscoperta e valorizzazione di autori sconosciuti e capolavori dimenticati ha affidato all'ensemble barocco di recente formazione, Dolce & Tempesta, e al suo fondatore nonchè direttore al cembalo Stefano Demicheli, il concerto al Teatro P. Ferrari di San Marcello (An) sabato 6 settembre ha presentato musiche tutte in prima assoluta in tempi moderni di Nicola Fiorenza, maestro napoletano del XVIII secolo che contribuì alle fervida attività musicale della città partenopea come uno dei centro musicali europei più importanti, con i suoi teatri, le sue accademie e soprattutto i quattro conservatori della città , divenuti a fine Seicento i centri più importanti da cui provenivano cantanti e strumentisti che sarebbero diventati il vanto dell'Italia musicale in tutta Europa. à in questo contesto che si pone la figura di Nicola Fiorenza, che, nonostante l'oblio moderno in cui si sia venuto a trovare, non dovette passare inosservato ai suoi contemporanei e la cui memoria dovette permanere a lungo a Napoli. Le sue composizioni datate risalgono a un periodo che spazia dal 1727 al 1738, cui dobbiamo forse riportare anche il resto della sua produzione non datata. Sappiamo che dal 1734 al 1740 suonò nella Real Cappella e con l'orchestra del teatro S. Bartolomeo; a partire dal 1743 fu docente di violino, violoncello e contrabbasso presso il Conservatorio di S. Maria del Loreto. Se dunque Fiorenza dovette incontrare grande successo come violinista e compositore, non altrettanto felice dovette essere la sua esperienza all'interno del Loreto, dove numerose furono le lagnanze per il suo comportamento scostante e sospettoso che sfociava a volte in episodi di vera e propria violenza contro i malcapitati studenti, vistisi a volte minacciati con la spada dal loro insegnante, a tal punto che Fiorenza venne licenziato. Morì il 13 aprile 1764 e si ignorano le condizioni. Non molte sono le composizioni rimasteci di questo musicista dal carattere difficile, ma la loro qualità e la forte personalità che traspare le rendono certamente fra le più interessanti fra quelle prodotte a Napoli nel primo Settecento. Per lo stato attuale delle conoscenze, a Fiorenza sono riconducibili una trentina di composizioni: due sono cantate per alto e continuo di dubbia autenticità mentre le altre sono tutte brani strumentali, principalmente conservati oggi nella biblioteca del Conservatorio di Napoli, contraddistinti da una grande libertà formale in cui s'innestano e si succedono momenti di ampio lirismo a trovate ritmiche fortemente contrastanti e non di rado bizzarre che, dobbiamo credere, dovevano essere una delle caratteristiche della personalità di Fiorenza. In questo concerto l'ensemble Dolce & Tempesta ha eseguito il Concerto in fa minore di flauto, violini, violetta, violoncello e basso (1728), il Concerto in la minore a tre violini e basso, il Concerto in re maggiore con due violini, viola, violoncello obbligato e basso in re maggiore, il Concerto in re maggiore con due violini, violoncello obbligato e basso (1728), la Sinfonia in la minore a flauto, due violini e basso (1726) e la Sonata per violino e continuo in sol maggiore. L'esecuzione ha fatto apprezzare un autore inedito il cui afflato musicale è davvero permeato di un sentimento della natura che traduce in musica un discorso poetico caratterizzato da tutte le funzioni proprie del genere: figure retoriche, figure di suono e dell'ordine, le sospensioni e pause tipiche della scuola napoletana, i contrasti violenti che si stemperano in dolcezze disarmanti e leggiadre. Dolce & Tempesta – già ensemble La Tempesta – è una formazione di musica antica con strumenti originali nata nel 2002 su iniziativa di Stefano Demicheli. Il nome del gruppo valorizza il contrasto fra una continua espressione melodica e il forte carattere imperniato da ritmo e da virtuosismo. L'utilizzo della parola dolce in musica ha origini antiche: era infatti correntemente in uso nella Napoli del settecento indicare nelle partiture il contrasto dolce e forte per indicare piano e forte quasi ad aggiungere una connotazione espressiva all'usuale indicazione dinamica. L'ensemble si è imposto nel panorama dei gruppi specializzati in questo repertorio di tutta Europa. I musicisti che lo compongono hanno tutti alle spalle un bagaglio di esperienza come prime parti delle più importanti formazioni europee di musica antica, tra cui Accademia Bizantina, Giardino Armonico, Europa Galante, Concerto Italiano, Ensemble Zefiro, I Barocchisti, Freiburger Barockorchester, Concerto Kà ln, Le Concert des Nations, Les Talents Lyriques, oltre a regolari collaborazioni con celebri solisti, fra gli altri Anner Bijlsma, Ton Koopmann, Jordi Savall, Reinhard Goebel, Christophe Rousset, Fabio Biondi, Alfredo Bernardini, Giovanni Antonini. Dolce & Tempesta ha una geometria ad organico varabile e collabora regolarmente con cantanti quali Roberta Invernizzi, Gemma Bertagnolli, Jacek Laszczkowski, Max Emanuell Cencic, Monica Piccinini, Romina Basso, Maria Grazia Schiavo. Il lavoro e la ricerca di Dolce & Tempesta sono dedicati al repertorio della musica da camera per strumento ad arco dei secoli XVII e XVIII con – a seconda dei programmi – l'inclusione di fiati, con particolare attenzione al repertorio vocale. Dolce & Tempesta compie, in collaborazione con musicologi e docenti universitari, un importante lavoro di riscoperta e valorizzazione di autori sconosciuti e di brani meno noti di compositori già celebri eseguendo in prima assoluta capolavori dimenticati. Dolce & Tempesta collabora con esperti filologi che preparano in esclusiva edizioni di pregio e di assoluta fedeltà critica per tutte le partiture che l'ensemble esegue.
Il 9 di settembre al Teatro Condominale La Fortuna di Monte San Vito, il clavicembalista brasiliano Nicolau de Figueiredo, al suo debutto in Italia, ha eseguito musiche di Domenico Scarlatti e del suo allievo Antonio Soler in un concerto dal titolo Napoli e Spagna dedicato ai due maestri della tastiera, suonando su un clavicembalo copia J. Ruckers Anversa 1638, le musiche assai prossime, ma personalissime e inconfondibili, di due geni mediterranei dello strumento a tastiera: il napoletano Domenico Scarlatti (1685-1757), e il catalano Antonio Soler (1729-1783), allievo e successore principale dello stesso Scarlatti nella grande scuola tastieristica spagnola del Settecento, vissuti nel pieno XVIII secolo, il secolo d'oro della cultura spagnola e napoletana.
Nel 1729, dopo un lungo periodo a Lisbona, dove fu il maestro di musica della principessa Barbara di Braganza, Domenico Scarlatti si trasferì a Siviglia col seguito della principessa portoghese. Nella capitale hispalense egli conobbe la musica popolare dell'Andalusia. Nel 1733 fissò la sua sede a Madrid, sempre come maestro di musica di Barbara di Braganza, divenuta regina di Spagna. Si sposò con una donna spagnola, Anastasia Maxarti Ximenes, da cui ebbe due figli. A Madrid abitò fino alla morte. L'assimilazione della musica popolare spagnola ed anche la costante sperimentazione delle possibilità del clavicembalo, strumento cameristico in cui esercitava il suo magistero con la regina, lo portarono a diventare il punto di riferimento della scuola tastieristica spagnola nel XVIII secolo. Il gigantesco catalogo delle sue composizioni strumentali racchiude un numero totale di 567 sonate per clavicembalo. Nella sua musica per clavicembalo Scarlatti mescola la tradizione italiana di casta più nobile con i ritmi popolari più raffinati della musica spagnola. Il gruppo di sei sonate scelte da Nicolau de Figueiredo per il suo recital (Sonata in do maggiore K 132, in fa maggiore K 239, in fa maggiore K 296, in re minore K 141, in sol maggiore K 144, in re minore K.119), testimonia eloquentemente queste caratteristiche. Dell'universo alla pari luminoso di Antonio Soler, Figueiredo ha scelto quattro Sonate (in re minore R54, in re minore R15, in fa diesis minore R85, in fa diesis maggiore R90) ed anche il famoso Fandango, una delle pagine più belle e ben riuscite della letteratura per clavicembalo. Adoperando sempre tutte le risorse tecniche del clavicembalo, Antonio Soler conferisce alle sue sonate un'aria caratteristica e i suoi tratti ben dettagliati rivelano l'opera d'un vero maestro. Si evidenziano nel suo stile influenze evidenti del suo ammirato maestro Domenico Scarlatti. Le somiglianze innegabili nelle sonate per tastiera di ambedue compositori sono palesi, tuttavia Soler apporta altri importanti innovazioni e sono piene di bulerà as flamencas, zapateados e boleros, per fare menzione solo di alcuni ritmi popolani spagnoli tra quelli che infondono grazia, freschezza e autentico colore locale alla sua opera clavicembalistica. Nicolau de Figueiredo, acclamato come uno dei maggiori clavicembalisti della nuova generazione, ha suonato in Europa, America e Giappone, sia da solista che con orchestre prestigiose tra le quali l'italiana Europa Galante. Il suo ultimo disco – 13 Sonatas by Domenico Scarlatti è stato insignito del prestigioso premio Choc 2006 dal magazine francese Le Monde de la Musique. à nato a San Paolo del Brasile dove ha studiato piano, organo, clavicembalo e musica da camera, continuando poi gli studi in Europe con Christiane Jaccottet, Lionel Rogg, Kenneth Gilbert, Gustav Leonhadt e Scott Ross. Abituati forse da troppo tempo all'ascolto di esecutori esangui e asettici delle sonate scarlattiane, gli appassionati del genere avevano di che balzare sul proprio posto di platea, allorchè, ascoltando l'ebbrezza della esecuzione di Nicolau de Figueiredo di questi autori mediterranei, si poteva assistere ad un approccio alla tastiera fisico, gestuale e direi quasi danzante, da cui traspariva l'idea che questa musica non soltanto si studia o si interpreta, ma si vive. Il trait d'union di Domenico Scarlatti con Pergolesi è presto detto: entrambi immersi e coinvolti nella scuola napoletana ed entrambi intenti a formarsi un idioma musicale fortemente caratterizzato, spagnolo il primo, napoletano il secondo. Nicolau de Figueiredo ha spiccato dai funambolici brani scarlattiani e soleriani tutto il carattere solare, picaresco e ambivalente che li rende sublimi innescando attese e impressioni nel pubblico che lasciavano senza fiato: rubati, stacchi improvvisi, gesti funzionali alla resa sonora, postura del busto che ricordava quella di un ballerino di flamenco o di un torero, pericolosità esibita e sottolineata di salti e incroci .. tutto concorreva in modo nuovo, scenico alla piena godimento di sonate quali la Toccata in re minore K 141, il trasognato cantabile K 144, e infine lo sgargiante Fandango di Soler. Seppur non infallibile, il tocco di Nicolau de Figueiredo ha trasmesso al pubblico intervenuto nella elegante sala del Teatro di Monte San Vito assolutamente appropriata a questo ascolto, il vero repertorio di impressioni, sensazioni e affetti che una musica dal carattere toccatistico come questa dovrebbe comunicare. Applaudito e acclamato, il maestro ha eseguito come bis una sonata di Haydn.
Altro momento eclatante del festival ha visto il tenore Giuseppe Sabbatini nella veste di direttore d'orchestra con l'Accademia Barocca I Filarmonici nell'esecuzione di prime composizioni scritte da grandi musicisti: Rossini, Salieri, Mendelssohn e Mozart. Come il tenore Domingo, anche l'affermato tenore Giuseppe Sabbatini – inizialmente contrabbassista e in seguito cantante che si è affermato in tutto il mondo – negli ultimi anni si è dedicato anche all'attività di direttore d'Orchestra dirigendo importanti formazioni come l'Orchestra da Camera delle Marche, la Kyoto Philharmonic Chamber Orchestra e Roma Sinfonietta. Al Teatro Comunale di Montecarotto (An) l' 11 settembre, Giuseppe Sabbatini, alla guida dell'Accademia Barocca I Filarmonici, nel concerto Opere prime , ha reso omaggio alle musiche scritte nell'infanzia e nell'adolescenza da grandi compositori, nell'ambito del Festival Pergolesi Spontini dedicato nella sua ottava edizione all' Opera prima. Alle radici del genio . La serata si è aperta con la Sonata a quattro n. 3 in do maggiore per due violini, violoncello e contrabbasso di Gioachino Rossini che nel 1804, all'età di soli dodici anni, scrive le sei Sonate a Quattro, nella tenuta del Conventello, nei pressi di Ravenna. Il padrone di casa – che aveva undici anni più di Rossini – suonava per hobby il contrabbasso e i suoi cugini si disposero al violino e violoncello mentre l'autore si offrì per la parte di secondo violino; è per questa inedita formazione che in tre giorni Rossini scrisse un repertorio irripetibile. Molto tempo dopo le giudicherà sei sonate orrende , ma in verità questi sei quartetti d'archi sono l'inconsapevole prova generale del teatro musicale di lì a venire. Dopo Rossini è stata la volta di Antonio Salieri con il Concerto in do maggiore per flauto, oboe ed orchestra (solisti Mario Folena flauto e Paolo Pollastri oboe). A sedici anni già alla corte dell'Imperatore Giuseppe II, il talento del giovane italiano non passò inosservato. E fin dalle prime prove musicali, Salieri mostra di voltare le spalle all'Italia. Invece della scuola napoletana a cui sembrava avviato, abbraccia il dramma per musica di Gluck; sarà la chiave del suo brillante successo e qualcosa di questa cifra è riflessa anche nella sua produzione strumentale, fra cui il Concerto che ascolteremo in questa serata a Montecarotto. La Sinfonia per archi n. 9 in do (Schweizer Symphonie) di Felix Mendelssohn-Bartholdy venne composta a poco più di dieci anni, fra il 1820 e il 1821, nella casa berlinese della sua colta e agiata famiglia di origine ebraiche, dove il giovane musicista ricevette un'accurata educazione letteraria e musicale. In questa opera, la n. 9 del suo catalogo, si rivela un'applicazione ai classici che si caratterizza per la sua freschezza.
A chiudere il programma della serata è stata l'esecuzione di un Mozart, enfant-prodige per eccellenza, con la Sinfonia n. 21 in la maggiore K. 134 scritta a Salisburgo nel 1762 all'età di 16 anni di ritorno dalla corte dell'elettore di Monaco di Baviera, dove Wolfgang e la sorella Nannerl tennero un concerto che suscitò grande ammirazione. Dopo una iniziale attività come contrabbassista, Giuseppe Sabbatini si è dedicato allo studio del canto, vincendo numerosi concorsi nazionali ed internazionali, tra cui il Concorso A. Belli del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto (1987), dove ha debuttato nel ruolo di Edgardo in Lucia di Lammermoor. La sua carriera lo ha visto esibirsi accanto ai più importanti direttori d'orchestra e nei principali teatri italiani e all'estero. Alla carriera di tenore negli ultimi anni si è affiancata quella di direttore d'orchestra che lo ha visto già protagonista di concerti con l'Orchestra da Camera delle Marche, con la Kyoto Philharmonic Chamber Orchestra, Roma Sinfonietta e lo porterà prossimamente alla guida dei Virtuosi Italiani al Festival Pergolesi Spontini di Jesi, dell'Orchestra Filarmonica di Zagabria e della Filarmonica di Poznan. Giuseppe Sabbatini ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti, tra cui il Bjà rling (1987), il Caruso e il Lauri Volpi (1990), il Premo Abbiati 1991 e lo Schipa d'Oro (1996), il Pertile (2003), The Critics Award in Giappone (2005) e il Pentagramma d'oro (2008). Nel 2003 è stato nominato Kammersaenger dalla Wiener Staatsoper. Il bel gesto direttoriale maturato, dopo decenni di esperienza teatrale in tutto il mondo e nei teatri più grandi con i più grandi direttori, ha rivelato una tendenza artistica che trascende il singolo ruolo o strumento musicale. à proprio il caso di dire che un vero musicista non ha bisogno di uno strumento particolare, ma riesce ad esprimersi e a realizzarsi anche con una semplice bacchetta in mano: quello che abbiamo veduto al Teatro Comunale di Montecarotto è un Sabbatini inedito, ma perfettamente calato nel ruolo del direttore d'orchestra perfino (e non è poco) dal punto di vista del fisique du rà le.
Alla chiusura dell'VIII Festival Pergolesi Spontini (5-14 settembre 2008) è stata messa in scena la prima opera buffa di Gaspare Spontini, Li Puntigli delle donne, farsetta per musica in due atti a sette voci scritta all'età di 22 anni e andata in scena per la prima volta al Teatro della Pallacorda di Roma, per il carnevale del 1796. L'autore del libretto è rimasto ignoto, ma la trama ricalca i clichès tradizionali dell'opera buffa: lo scontro tra le due donne, Giannina, promessa sposa in seconde nozze del Conte, e Rosimene, moglie del figlio del Conte, si presenta sin da subito come uno scontro tra due visioni opposte del mondo: la prima, borghese, che ostenta il soldo come unico argomento di persuasione; la seconda, nobile, ma di una nobiltà ormai dissanguata, che si attacca altezzosamente al lignaggio come unica à ncora di salvezza. Il Conte ed il Dottore suo fratello, i due bassi buffi, cercano di comporre il dissidio con buon senso pragmatico e pasticcione, tentando da un lato di salvare il buon nome del casato e dall'altro di rimpinguare le esangui casse domestiche. I gioielli di famiglia che portano alla riappacificazione tra le due dame, coniugando simbolicamente blasone e valore commerciale, suggellano un armistizio sufficiente appena a garantire il lieto fine dinanzi al sipario. L'opera, presentata nella revisione critica di Federico Agostinelli per le Edizioni Fondazione Pergolesi Spontini, è stata allestita all'aperto nell'originale cornice di una tensostruttura (leggi: tendone da circo), all'interno del Bosco urbano della Fornace A. Paradisi di Moie, frazione di Maiolati Spontini (An) venerdì 12 settembre. Per questo spazio all'aperto, Francesco Micheli, fra i più interessanti giovani registi italiani di oggi, ha ideato una nuova regia in un tendone da circo, avvalendosi delle scene e costumi di Federica Parolini. La parte musicale era affidata all'Accademia Barocca I Filarmonici e al direttore d'orchestra Corrado Rovaris, conosciuti e apprezzati in Italia e all'estero come uno dei migliori ensemble per il repertorio barocco e classico eseguito su strumenti originali. Nel cast le voci di Rosa Bove (Giannina), Mirko Quarello (Conte Brontolone), Nahuel Di Pierro (Dottore Mangiacarte), Cosimo Panozzo (Valerio), Valentina Coladonato (Rosimene), Emanuele D'Aguanno (Cavalier del Ciuffolo) e Norma Raccichini (Lisetta). Cantanti giovani per un cast tutto giovane. Le voci ben calibrate per un'opera buffa che non richiede grandi virtuosismi, ma il rigore e la giustezza della dizione e dello stile. La scena aperta, senza cambi importanti e giocata su gran parte dell'arena allestita imponeva ai cantanti una capacità di muoversi e di dirigere la voce molto duttile e flessibile; un'esigenza ampiamente assolta dai cantanti ben preparati e ben diretti. La messa in scena e l'esecuzione, frutto di un impegno laboratoriale non ha presentato voci di spicco, ma tutte ugualmente all'altezza del compito e ben equilibrate le une sulle altre. A dispetto del sottotitolo farsetta' spiega Federico Agostinelli che ha curato la revisione critica dell'opera per le Edizioni Fondazione Pergolesi Spontini Li puntigli delle donne costituiva un banco di prova tutt'altro che agevole per un debuttante: sette personaggi in scena, due ampi atti con otto brani musicali ciascuno […]. L'opera riportò un vivo successo. Nell'occasione uno sconosciuto ammiratore dedicò al giovane compositore un sonetto encomiastico. La partitura autografa dell'opera finì alla biblioteca del Conservatorio di Napoli ove è tuttora conservata. Nel 1835, nel corso di una sua visita a Napoli, Spontini visionò il manoscritto e vi ricopiò sul frontespizio quello stesso sonetto a lui dedicato quarant'anni prima. […] La musica, pur concepita nel pieno rispetto dei canoni dell'opera buffa del tempo, non manca di spunti di originalità e dettagli dai quali è possibile apprezzare l'apertura del giovane compositore verso le sollecitazioni ed i fermenti musicali provenienti d'oltralpe. Se infatti da un lato Spontini si mostra ampiamente debitore nei confronti dei maestri della tradizione napoletana, alla scuola dei quali si era formato, dall'altro lato egli ci sorprende per la maestria nel condurre il discorso scenico-musicale e per la presenza di alcuni elementi in fase embrionale che, pervenuti a maturazione, diverranno poi tipici del suo stile . Li puntigli delle donne racconta il regista Francesco Micheli – può apparire una bagattella tanto innocua quanto graziosa: una facezia congegnata alla fine del Settecento che si dà a noi, cittadini degli inizi del Terzo millennio, ammantata del fascino discreto tipico degli oggetti d'antiquariato. Eppure dietro tale piccola prelibatezza, si cela un retrogusto amaro […]. L'obiettivo dell'autore è semplice ma chiaro: scoperchiare un piccolissimo mondo antico per porre in chiara luce i giochi claustrofobici di questa casata oziosa e malevola. Se presa alla lettera, pur con la leggerezza tipica dell'opera buffa, quest'opera fa intravedere una radiografia feroce dei mali di una certa società . Una società ricca e pigra, vecchia e pasciuta, opulenta al punto di scoppiare… Stiamo parlando del passato o del presente? Difficile a dirsi… .
La nostra panoramica del Festival Pergolesi Spontini edizione 2008 finisce qui, ma gli appuntamenti e le manifestazioni musicali eccedono quanto è stato descritto; le sedi del Festival sono molteplici e tutte rivestono una importanza e una funzione particolari quando offrono risorse strumentali e di accoglienza come la chiesa di Santo Stefano a Maiolati Spontini con l'organo Callido (1788) che è stato protagonista domenica 7 settembre del concerto di Nicolò Sari, con musiche di Buxtehude, Sweelinck, A. Marcello, Vivaldi, Mozart, Valerj e Morandi. Con questo appuntamento, si rinnovava la collaborazione pluriennale con il Festival Organistico Internazionale Città di Treviso e della Marca Trevigiana; poi alla Chiesa degli Aroli di Monsano l'8 settembre il pianista Andrea Coen ha suonato la prima raccolta a stampa della storia dedicata allo strumento a martelli, le XII Sonate da Cimbalo di piano, e forte detto volgarmente di martelletti, dovuta al genio di Lodovico Giustini da Pistoia, coetaneo di Bach, che le vide pubblicate a Firenze nel 1732: si tratta di dodici sonate, nelle quali confluiscono le esperienze di almeno due generazioni di clavicembalisti italiani arricchite dalle nuove – e allora quasi incredibili – potenzialità del neonato pianoforte. Il concerto è stato eseguito su una copia esatta dello strumento costruito dall'inventore del pianoforte Bartolomeo Cristofori nel 1726, copia realizzata da Kerstin Schwarz e gemella di quella commissionata dal museo degli strumenti musicali di Lipsia, ove si trova l'originale. Infine sabato 13 settembre il clou finale del Festival con una grande festa e tanta musica per il centro storico di Jesi a partire dalle ore 18, con La notte dei prodigi omaggio ai giovanissimi talenti della musica: dalla violinista italiana di appena 13 anni Laura Bortolotto che ha già ottenuto riconoscimenti in concorsi internazionali, ai pianisti Luca Buratto (16 anni di Milano) e Victor Fyodorovich Maslov (11 anni, russo); notevole la balalaika suonata dal giovanissimo israeliano Arik Rabinovic (13 anni) e i clarinetti dei fratelli gemelli israeliani Daniel e Alexander Gurfinkeld di 16 anni. Insieme a loro hanno suonato e cantato festosamente l'Orchestra Suzuki di Casagiove (CE) e il Coro giovanile della Scuola di Musica di Fiesole. E mentre il centro storico di Jesi è stato tutto dedicato ai giovanissimi, l'Accademia Barocca I Filarmonici, diretta da Corrado Rovaris, ha suonato al Teatro Studio Moriconi le musiche di Mozart con l'esecuzione di opere giovanili del salisburghese, fra cui la Prima sinfonia e il Primo concerto per violino (solista Alberto Martini). Una vera e propria notte bianca a Jesi, una grande festa della musica con bambini e teen ager artisti dallo straordinario e precoce talento provenienti da tutto il Mondo a ricordare che la vera musica è davvero per tutti.
(Andrea Zepponi)