“Manon Lescaut” dal sapore cinematografico a Torino
di Luca Rossetto Casel
27 Gen 2006 - Commenti classica
Ottima Manon Lescaut firmata dall’attore Jean Reno al Teatro Regio di Torino.
Il cinema è di casa a Torino. Con la settima arte il capoluogo piemontese intrattiene, infatti, un legame antico e duraturo; in virtù del quale nella città dei Savoia e della FIAT hanno trovato la loro sede naturale la prima industria cinematografica italiana, e, via via in anni più recenti, una gran quantità di festival, rassegne, manifestazioni dell’orientamento più vario, nonché una rilevante produzione filmica (perlopiù indipendente) e la collocazione del Museo Nazionale del Cinema nei locali della Mole Antonelliana.
Alla luce di queste premesse, la scelta del Teatro Regio di affidare la regia di uno o più titoli per stagione ad artisti provenienti dal mondo del grande e piccolo schermo appare quantomeno naturale. L’idea, certo, non è nuova; ma, da alcuni anni, a Torino è entrata nella consuetudine. Così, dall’iniziale progetto di una trilogia dapontiana di tal fatta, presentata nell’arco di tre anni a partire dal 2003, si è estesa al cartellone 2005-2006, inaugurato dalla sontuosa Aida secondo William Friedkin e giunto, ora, al quarto appuntamento della stagione con una Manon Lescaut firmata Jean Reno.
L’attore francese si accosta all’opera riportando sul piano della recitazione gli elementi fondamentali dell’estetica pucciniana. Un’estetica fatta di affettuosa attenzione per le piccole cose a livello sentimentale, di cura per il dettaglio e per la miniatura dal punto di vista tecnico; ma anche di una sensibilità teatrale affatto innovativa, che vede il dramma muoversi dal particolare all’insieme secondo un’architettura mutevole quanto esattamente organizzata negli spostamenti e nelle sovrapposizioni tra i diversi piani di cui si compone. Un’estetica, cioè, di fatto già cinematografica.
Così come squisitamente cinematografico è l’approccio di Reno, che cerca di restituire una funzione a ogni figura sulla scena, caratterizzata attraverso la gestualità e gli atteggiamenti; mantenendo al tempo stesso l’attenzione sui protagonisti e sull’azione principale, ricreando sul palcoscenico un’ideale operazione di montaggio (dunque, applicando di fatto naturalmente all’inverso i principà indicati da Eduardo de Filippo per tradurre registicamente sullo schermo l’evento teatrale).
Quella poetica delle piccole cose tanto cara a Puccini si ritrova intatta nella freschezza e nell’intimismo il quale ne costituisce, in ultima analisi, la cifra fondamentale dell’interpretazione di Reno, con la sua capacità di soffermarsi sui personaggi di contorno senza perdere di vista quelli principali. Magistrali, a tal proposito, le grandi scene di massa del primo e del terzo atto, nelle quali la caratterizzazione dei comprimari, condotta con accuratezza, realismo e direi affettuosità , non va mai a scapito dei protagonisti; i quali, anzi, da tale vivace contestualizzazione guadagnano a loro volta in credibilità e verosimiglianza. Merito anche naturalmente dell’apporto dato dall’affiatata troupe tecnica, tutta francese e tutta proveniente dal mondo del cinema: dai costumisti Christian Gasc e Valèrie Ranchoux allo scenografo Thierry Flamand, a Didier Flamand, responsabile delle luci, oltre che della funzione di co-regista.
In questa edizione, dunque, l’azione recitata sul palcoscenico appare come una naturale prosecuzione di quella musicale. Sul podio dell’Orchestra del Teatro Regio, Evelino Pidò: che di Puccini fa emergere l’anima più impressionista, per mezzo di un fraseggio fluente, di scelte agogiche improntate alla massima naturalezza; e dell’evidenza data al colore in tutte le varianti richieste da una partitura lussureggiante, facendo risaltare di volta in volta tanto i timbri puri quanto la specificità degli impasti. Del pari, i fitti richiami motivici dei quali è innervato il discorso musicale dell’opera sono resi con chiarezza, così da rendere giustizia alla coesione dell’insieme.
Per quanto riguarda i cantanti, Keith Olsen di Des Grieux sottolinea il lato eroico; Micaela Carosi, nella parte eponima, piega la sua voce alle sottili sfaccettature di Manon, non mancando di cogliervi una sfumatura capricciosa via via più accentuata fino al rovinoso epilogo. Domenico Balzani e Luigi Roni interpretano rispettivamente Lescaut e Geronte con una buona dose di ironia.
Sul programma di sala, accanto al libretto trovano posto, come di consueto, alcuni saggi, tra i quali si segnala in particolare quello, a firma di Jacopo Pellegrini, dedicato alla delineazione dei rapporti tra Giacomo Puccini e Marco Praga.
LA SCHEDA
MANON LESCAUT Dramma lirico in quattro atti dal romanzo di Antoine-Franà ois Prevost Musica di Giacomo Puccini Personaggi e interpreti: Manon Lescaut soprano Micaela Carosi Il cavaliere Renato Des Grieux, studente tenore Keith Olsen Lescaut, sergente delle guardie del re baritono Domenico Balzani Geronte di Ravoir, tesoriere generale basso Luigi Roni Edmondo, studente tenore Emanuele D’Aguanno Il maestro di ballo tenore Stefano Consolini Un musico mezzosoprano Paola Gardina Un lampionaio tenore Giacomo Patti Un sergente degli arcieri basso Alessandro Svab Un comandante di marina basso Simone Del Savio L’oste basso Armando Gabba Direttore d’orchestra Evelino Pidò Regia Jean Reno Coregista e lighting designer Didier Flamand Scene Thierry Flamand Costumi Christian Gasc Assistente ai costumi Valèrie Ranchoux Maestro del coro Claudio Marino Moretti ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO REGIO Nuovo allestimento Teatro Regio SPETTACOLO PER LE OLIMPIADI DELLA CULTURA TORINO 2006
IN RETE:
http://www.teatroregio.torino.it
Il sito del Teatro Regio di Torino
http://www.sistemamusica.it/2006/gennaio/
Il numero di Sistema Musica di gennaio 2006, con articoli e interviste relativi alla Manon Lescaut torinese
http://italian.imdb.com/name/nm0000606/
Pagina dell’archivio cinematografico IMDb dedicata a Jean Reno