“Nel tempo degli dèi. Il calzolaio di Ulisse”, Paolini al Piccolo Teatro di Milano
di Lorenzo Graziosi Spantigati
24 Apr 2019 - Commenti teatro
Al Piccolo Teatro di Milano Marco Paolini e Francesco Niccolini, per la regia di Gabriele Vacis, portano in scena la moderna e complessa figura di Ulisse con Nel tempo degli dèi. Il calzolaio di Ulisse.
Marco Paolini e Francesco Niccolini, con la regia di Gabriele Vacis, portano al Piccolo Teatro di Milano Nel tempo degli dèi. Il calzolaio di Ulisse. Uno spettacolo che se da un lato onora un testo “cult” dell’epica come l’Odissea, dall’altro lo fa in maniera del tutto innovativa, sia nella scelta dei testi che nella messa in scena.
Il palco si apre su un uomo, di cui non sappiamo l’identità, che faticosamente cammina su un sentiero di montagna trasportando un remo sulle sue spalle. Già in questa apertura si nota il carattere originale del testo. La scena riguarda lo stesso Ulisse ma è cronologicamente successiva a quello che tutti noi conosciamo come il ritorno dell’eroe ad Itaca. Infatti quello che molti, me compreso fino a quella sera, non sanno, è che, trascorsi i 10 anni di odissea in giro per il Mediterraneo, tornato a casa e vendicatosi dei Proci, ad Ulisse era stato predetto da Tiresia nel suo viaggio nell’Ade, che non sarebbe rimasto nell’isola ma avrebbe camminato per molto tempo fino a che uno sconosciuto non gli avesse chiesto cosa portasse sulle spalle. A quel punto, dopo un sacrificio a Poseidone, sarebbe finalmente potuto tornare a casa.
Tornando alla nostra scena di apertura, Ulisse comincia un dialogo con questo ragazzo, una conversazione che vestendosi di simpatiche battute che attualizzano il testo, nasconde in realtà un ben più profondo confronto intergenerazionale.
Ulisse comincia così il suo racconto, accompagnato da musiche dal vivo. La musica ha un ruolo determinante nella narrazione, prima di tutto perché sono gli stessi personaggi, Femio, Atena, Penelope, a farne parte, creando un’azzeccata commistione fra suono e narrazione. I testi musicali sono molto ricchi, da testi più classici a canzoni scritte dagli stessi autori passando per sonorità più etniche. Il risultato è una musica molto malleabile che ben si adatta ad accompagnare le scene e diventa a volte il soggetto stesso dello spettacolo.
La narrazione procede poi seguendo il percorso di Ulisse, dagli antefatti, la discordia fra le tre dee e la chiamata in causa di Paride, fino al ritorno ad Itaca e la vendetta di Ulisse per poi tornare al punto di partenza, Ulisse che trasporta il remo sulla montagna appunto.
Ma la trama è ben conosciuta e Paolini lo sa, sceglie quindi di affidare allo sconosciuto, interpretato da un giovanissimo Vittorio Cerroni, classe 2002, che solo alla fine si scoprirà essere Hermes, il ruolo di giovane testardo e ribelle. Il ragazzo non vuole sapere la storia di Ulisse, quella la sa, dice, lui vuoi conoscere i sentimenti che Ulisse ha provato, vuole sapere quello che è avvenuto dietro la storia e che non arriva sui libri.
Attraverso la richiesta del giovane, ci arriva quindi un racconto intimo e personale, dove la storia e il fato si muovono in un sottile confine tra quello che gli dèi decidono e quello che Ulisse fa, attraverso l’esercizio del suo intelletto o il mancato uso dello stesso, come ad esempio quando si abbandona alla strage uccidendo anche le ancelle.
Ulisse è da molti definito come un carattere moderno, e lo è ancora di più in questo spettacolo, non solo perché la complessità dei suoi pensieri e delle sue azioni viene ben descritta ma soprattutto perché viene messa in evidenza la sua umanità. Quando Ulisse si trova da Calipso e gli viene offerta l’immortalità lui la rifiuta. Rivendica il diritto di morire; di vivere sapendo che un giorno dovrà morire.
Paolini è il protagonista indiscusso dell’opera ma questo non significa che gli altri attori non abbiano spazio, anzi, di ognuno vengono valorizzati gli aspetti relativi al personaggio che interpretano. Il giovane Telemaco, interpretato da Elia Topognani, inizialmente insicuro e fragile, si scopre poi un uomo adulto che arriva a far notare al padre gli errori che egli stesso ha commesso. Atena e Penelope, sono espressioni di diverse ma complementari femminilità, la prima è forte e determinata, la seconda sensibile e raffinata. Della prima veste i panni Elisabetta Bosio mentre Saba Anglana, oltre che Penelope, interpreta anche Circe, Calipso e Nausicaa. A completare il cast Lorenzo Manguzzi, nelle fattezze di Femio e autore delle musiche originali e Roberto Tarasco, responsabile di scenofonia, luminismi e stile.