Gran classe per le “Nozze di Figaro” a Torino
Luca Rossetto Casel
26 Feb 2004 - Commenti classica
La ricognizione della trilogia Mozart – Da Ponte in atto al Teatro Regio di Torino giunge, con Le nozze di Figaro, al secondo appuntamento. Il primo, dedicato a Così fan tutte, risale alla scorsa stagione; il terzo – e ultimo – è destinato all'anno prossimo, e sarà dunque la volta di Don Giovanni. Il progetto originario prevedeva di affidare ognuna delle opere alle cure di un celebre regista cinematografico: se l'amarezza irrisolta di fondo in La scuola degli amanti ha fatto pensare a Ettore Scola, per la commedia a tutto tondo de La folle giornata il nome sul piatto era quello di Mario Monicelli. Questi, però, ha infine declinato l'incarico, dichiarando di non sentirsi preparato per affrontare un genere per lui nuovo quale è il teatro d'opera; una bella lezione di umiltà , tanto più ammirevole in quanto proveniente da un artista che gode – giustamente – dello status di mostro sacro della cinematografia mondiale, e che ha così dato un'ulteriore prova della sua professionalità .
La scelta è quindi caduta su una regia a buon diritto considerata storica, quella firmata da Jonathan Miller per la cinquantacinquesima edizione del Maggio Musicale Fiorentino, nel 1992, per l'occasione ripresa da Gianfranco Ventura; ed è stata felicissima, in quanto il lavoro del regista inglese si pone al servizio del teatro mozartiano cogliendone la ricchezza e porgendola allo spettatore scevra da stravolgimenti e sovrainterpretazioni gratuite quanto indifferenti alla drammaturgia musicale. In virtù di un impianto di tipo realistico, Miller sottolinea quanto il testo dapontiano lascia all'allusione della musica di Mozart, portando in primo piano il gioco mobilissimo e sottile dei rapporti sociali. Questa lettura aiuta a comprendere come, rispetto alla graffiante satira di Beaumarchais, Le nozze di Figaro sposti la sua analisi sul piano dell'animo umano: per Mozart e Da Ponte gli uomini sono tutti uguali in quanto tutti passibili di provare (e suscitare) gli stessi sentimenti l'uno nei confronti dell'altro, indifferentemente dalle rispettive posizioni sociali; di fronte alle emozioni e alle pulsioni che costituiscono l'essenza dell'animo umano, tutto ciò che è artificialmente costruito non può che cadere, e, quando allo sterile rispetto per le sovrastrutture di tipo sociale subentra la coscienza della comune appartenenza all'umanità , in ogni individuo nasce la consapevolezza di essere uomo tra gli uomini, dell'uguaglianza di tutto il genere umano; e allora davvero il perdono finale può scendere su tutti, perchè tutti, attraverso la consapevolezza della nostra natura e del nostro animo, possiamo giungere alla suprema purificazione e alla libertà . à dunque questa la libertà cui anela Mozart, la quale, portando avanti la riflessione, assumerà le tinte inquietanti dell'autonegazione nel Don Giovanni e quelle ambiguamente malinconiche del Così fan tutte, fino ad arrivare alla sua sublimazione in Die Zauberfloete. Qui, ne Le nozze di Figaro, essa appare nella sua forma più equilibrata e ottimistica, lontana dalle connotazioni proprie delle opere successive quanto idealmente distante dallo spirito rivoluzionario che sarebbe aleggiato di lì a poco in Europa. Informata da senso dell'equilibrio e della misura impeccabile appare la lettura che delle Nozze dà il direttore d'orchestra Stefan Anton Reck. Sotto le sue mani, l'opera prende forma come un delicatissimo e perfetto meccanismo drammatico che la minima forzatura può spezzare. à una direzione nel segno della leggerezza: l'Ouverture, aliena dai tratti nervosi e dai grandi sbalzi propri di altre interpretazioni, vola verso l'inizio dell'azione, di cui costituisce parte integrante; essa procede in assoluta continuità , avvalendosi, certo, della dinamicità della regia di Miller, trascolorando di scena in scena, di situazione in situazione, in un processo costante di intensificazione emozionale. Mano a mano che ci si addentra negli inviluppi della vicenda, i contrasti strumentali si fanno più marcati, in crescendo, fino al climax dell'ultima, sublime scena del perdono, che sembra trasportata in un mondo ultraterreno; e al liberatorio, scanzonato Tutti finale, indispensabile ritorno sulla terra. L'Orchestra del Teatro Regio, precisissima sotto la bacchetta del direttore tedesco, si avvale di sonorità trasparenti che fanno risaltare ogni singolo timbro e la preziosità degli impasti strumentali; il tessuto musicale si dipana come una stoffa pregiata, intessuta di gemme e arabeschi. Tra le capacità di Reck non va dimenticata quella di saper lavorare con i cantanti: questi ultimi sembrano trovarsi perfettamente a loro agio, dando tutti prova tanto di ottime qualità vocali e musicali tanto nell'interpretazione delle parti solistiche quanto in quella dei numerosi pezzi d'assieme. Simone Alberghini è Figaro: con autorevole presenza scenica, infonde nel canto il temperamento istrionico e umorale del suo personaggio. Laura Cherici, di casa a Torino, interpreta Susanna con vivacità , Carmela Remigio disegna una Contessa capace di toni soffusi e dolcissimi; del Conte, Natale de Carolis sa mettere in luce e far convivere i diversi aspetti, affidandosi a timbrica varia e fraseggio raffinato, e Anna Bonitatibus, attraverso l'espressività della sua ricchezza inesauribile di sfumature, dà voce alle contraddizioni e alla fragilità di Cherubino. Nicoletta Zanini è una Marcellina pungente, Antonio Abete di Bartolo predilige il lato comico; Gianluca Ricci e Mauro Buffoli, nei ruoli rispettivamente di Antonio e Don Curzio, puntano sugli aspetti più caricaturali dei loro personaggi. Bruno Lazzaretti sa elegantemente cogliere le diverse sfumature di Basilio, sfoggiando una vocalità raffinata nell'aria del quarto atto, Laura Catrani è sensibile nei panni di Barbarina. Il coro del Teatro Regio, guidato da Claudio Marino Moretti, alla consueta perizia vocale unisce buone capacità di recitazione, contribuendo così alla dinamicità della messa in scena. Sul programma di sala, spiccano i saggi di Giorgio Pestelli, che illustra la drammaturgia dell'opera analizzandone la struttura, di Francesco Blanchetti, ricostruzione della genesi del libretto, e di Valeria Pregliasco e Giorgio Rampone, dedicato alla figura di Sesto Bruscantini, interprete eminente di Figaro e del Conte, a un anno dalla scomparsa. Lo spettacolo raccoglie gran successo di pubblico, che esprime il suo entusiasmo con applausi cordiali per tutti gli interpreti.
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Recente sito italiano dedicato al compositore salisburghese; tra le varie risorse, partiture e libretti, oltre alla possibilità di iscriversi alla lista Grandemozart
(Luca Rossetto Casel)