Successo della “Madama Butterfly” in “forma alternativa” a Recanati
di Roberta Rocchetti
5 Apr 2018 - Commenti classica, Musica classica
Il teatro Persiani di Recanati è uno di quei “cento teatri” per cui le Marche sono celebri.
Nella città di Giacomo Leopardi, il cui padre Monaldo volle la costruzione di questo teatro e di Beniamino Gigli uno dei tenori più grandi di sempre, abbiamo assistito venerdì 23 marzo ad una rappresentazione di Madama Butterfly di Puccini.
Messa in scena particolare, il M° Riccardo Serenelli che insieme a tutti i collaboratori di VillaIncanto l’ha realizzata non vuole sentir parlare di riduzione ma di “formula alternativa”. Ovvero le arie più celebri in forma scenica intervallate da spiegazioni dello stesso Serenelli come opera di divulgazione e quasi un divertissement, se non fosse che parliamo di Butterfly e Puccini, la cui musica scritta per descrivere la tragedia della piccola geisha strappa il cuore ad ogni ascolto, fosse anche il millesimo, di fatto rendendo dramma e saturando di pathos qualunque forma espressiva abbia la ventura di ospitarne le note.
Sul palcoscenico arredato con elementi iconografici classici ma essenziali ed eleganti, senza eccedere con simbologie orientali, ci si è avvalsi dell’ausilio di proiezioni sul fondale, a volte particolarmente efficaci come la nave che inesorabilmente passa senza fermarsi durante un bel dì vedremo o il mare che sembra cullare ma anche minacciare Butterfly e suo figlio durante il coro a bocca chiusa, inquietando con un ritmico presagio.
I protagonisti di questa perfomance sono stati come sempre il M° Serenelli al pianoforte, la cui padronanza dello strumento e la capacità di offrire un prato di note sul quale le voci possano adagiarsi sorprende sempre. Serenelli fa sembrare il suono fluido, duttile e brillante come metallo fuso una cosa facilissima da creare e riesce a non far sentire la mancanza di una orchestrazione.
La parte di Sharpless era in mano al baritono Giulio Boschetti, diretto in passato anche da Gustav Kuhn e reduce da una lunga tournée con il Trovatore di Giuseppe Verdi. Voce dal volume notevole e ben gestita, accompagnata ad una recitazione misurata, nobile ma incisiva, con la quale ha tratteggiato un personaggio in bilico tra un rassegnato cinismo e i continui punzecchiamenti della propria coscienza.
Nella veste dello spietato Pinkerton il tenore Paulo Paolillo. Proveniente dalla scuola del Comunale di Bologna ha lavorato anche con Pier Luigi Pizzi. Dopo un inizio nel quale si sono un evidenziate alcune difficoltà nelle note più alte del proprio registro, ha proseguito la propria prestazione in maniera ottimale, gestendo la propria vocalità calda, dai toni scuri e seducenti come deve essere un Pinkerton, trovando la propria consacrazione in un addio fiorito asil ottimamente cantato e coinvolgente.
Nel ruolo principale che dà il titolo all’opera la bravissima Hiroko Morita, che ha al suo attivo circa 300 Buttefly, tanto che ci verrebbe da dire che non interpreta Cio Cio San ma è Cio Cio San.
Voce capace di salire e scendere nella scala sopranile senza difficoltà alcuna, con un legato ed un fraseggio perfettamente dominati e in grado di esprimere e comunicare appieno pur con una gestualità volutamente minimale il dramma di una donna alla quale viene tolta anche la possibilità di esternare il proprio dolore. Durante l’aria un bel dì vedremo e durante Tu tu piccolo iddio abbiamo visto lacrime vere scendere dagli occhi di chi, dalla platea, assisteva alla tragedia di questa figura poco più che bambina.
Abbiamo potuto percepire empaticamente la sofferenza di questa madre e donna da una recita su un palcoscenico, già vista e rivista, ma proprio in questo risiede la magia che misteriosamente fa sì che l’emozione si rinnovi ogni volta, come se si assistesse ad una vicenda di cui non si conosce l’esito. Ed ogni volta è impossibile non mandare un pensiero di gratitudine anche e soprattutto a Puccini che con la sua musica impedisce ai nostri sentimenti di arenarsi su terreni sterili.
Il pubblico che gremiva il teatro Persiani ha tributato attraverso un lungo applauso finale un caloroso e meritato apprezzamento a tutta la compagnia, memore anche di una premessa che il M° Serenelli aveva fatto ad inizio performance, quando ha asserito, ribaltando un po’ il principio di causa ed effetto: “Più applaudite più i cantanti sono bravi”.
Ed a proposito di pubblico vorremmo in una nota a margine evidenziare un comportamento ormai dilagante, approfittando per aderire all’appello già lanciato in questi giorni da molti operatori teatrali tra cui Ottavia Piccolo, di non usare il cellulare durante lo svolgimento degli spettacoli. Anche se silenziati le luci infastidiscono e distraggono. Chi va a teatro armato di passione, va con il desiderio di uscire per qualche manciata di minuti dalla realtà, per entrare in quell’universo che gli artisti ricreano con fatica ed impegno ed ai quali si deve rispetto. Questo desiderio andrebbe assecondato senza dover cercare visivamente un varco tra luci accecanti e moleste.