La 47^ Stagione lirica del Teatro Pergolesi
di Alberto Pellegrino
24 Set 2014 - Musica classica, News classica
IL DON GIOVANNI DI MOZART
JESI (AN). La 47^ stagione lirica jesina si apre con il Don Giovanni di Mozart (4 e 5 ottobre) che ritorna dopo anni sul palcoscenico del Teatro Pergolesi. Il mito del celebre “libertino” è tra i più popolari e prolifici dell’età moderna, se si pensa che questo personaggio sia stato l’argomento di oltre cinquecento fra commedie, tragedie, canovacci della Commedia dell’arte, drammi musicali, opere liriche, film, poemi, racconti e romanzi, tanto da costituire uno degli elementi fondamentali del nostro immaginario collettivo. Il personaggio di Don Giovanni appare abbastanza tardi nel mondo del melodramma con l’opera L’Empio punito (1669) di Alessandro Melani e Filippo Acciauoli; nella seconda metà del Seicento Henry Purcell compone l’opera The Libertine Destroyed. Nel Settecento vengono composti diversi melodrammi su Don Giovanni, ma i più famosi sono il “ballettod’azione” intitolato Dom Juan ou bien du ‘Festin depierre’ (1761) composto da Christoph W. Glucksu libretto di Ranieri de’ Calzabigi, Il Convitato di pietra (1783) di Giacomo Tritto su libretto di Giovanni Battista Lorenzi, seguito dal Don Giovanni o sia il Convitato di pietra (1787) di Giuseppe Gazzaniga su libretto di Giovanni Bertati, che riscuote un grande successo e sembra sia stato fonte d’ispirazione per Lorenzo da Ponte che scrive il grande libretto per il Don Giovanni (1787) di Wolfgang Amadeus Mozart giustamente definito “il capolavoro dei capolavori”, opera geniale, rivoluzionaria e irriverente, ritenuta persino “pericolosa” dalla società del tempo.
Il Don Giovanni mozartiano non è solo il dissoluto punito, il profanatore di fanciulle virtuose, il dissacratore del matrimonio, ma è anche il libero pensatore, l’uomo nuovo annunciato dall’Illuminismo che non riconosce l’autorità paterna, politica e religiosa, superando le tradizionali barriere della nobiltà del sangue e dell’onore. A differenza di Molière che sceglie la strada dello scetticismo razionalista, Mozart e Da Ponte danno vita a un personaggio sanguigno, pieno di gioia di vivere, la cui forza si fonda su ciò che è reale e materiale, che non arretra di fronte al sovrannaturale forte della sua tragica grandezza. La geniale intuizione di Mozart consiste nell’aver posto il libertino impenitente sullo stesso piano del Commendatore in uno scontro senza pietà che ha per posta la vita stessa. Don Giovanni in questa lotta esce sconfitto ma con l’onore delle armi: assassino a causa delle circostanze, ingannatore e seduttore, non è mai un personaggio odioso, ma diventa l’emblema della straordinaria creatività di un Mozart che sa conciliare il sorriso e il pianto, la gioia di vivere e il terrore della morte in una perfetta fusione del comico e del tragico, ponendosi al di fuori degli schemi fissati dall’opera buffa settecentesca. “La grandezza del Don Giovanni sta proprio nella miracolosa coesistenza di comico e tragico. Lasciatevi sfuggire la misura sovrumana del dramma, e non avete capito niente. Ma lasciatevi sfuggire la comicità della natura formale, e non avete capito niente lo stesso. Guai a privilegiare una delle due facce. La corsa di Don Giovanni comincia con lo stacco del Molto allegro nell’ouverture e finisce solo con l’apparizione del Commendatore al banchetto” (Massimo Mila). La limpidezza e la fluidità del libretto di Da Ponte si fondono con una partitura musicale che appare lineare, ma che in realtà risulta estremamente complessa, dove si amalgamano in modo perfetto i registri del giocoso e del patetico, del burlesco e del tragico, annunciando che il futuro è alle porte e che un mondo intero sprofonda sottoterra con Don Giovanni. (Potete trovare approfondimenti sulla figura del Don Giovanni alla rubrica “Musica e…” all’indirizzo: https://www.musiculturaonline.it/la-figura-don-giovanni/).
L’opera, coprodotta dalla Fondazione Pergolesi Spontini, dai Teatri del Circuito Lirico Lombardo, dal Teatro dell’Aquila di Fermo, dalla Fondazione Teatro Comunale di Bolzano e dalla Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, sarà interpretata dal baritono albanese Gezim Mysketa (Don Giovanni), dal marchigiano Andrea Concetti (Leporello) e dai giovani vincitori del 65° Concorso Lirico AsLiCo Giovanni Sebastiano Sala (Don Ottavio), Mariano Buccino (Commendatore), Federica Lombardi (Donna Elvira), Valentina Mastrangelo (Donna Anna), Alessia Nadin (Zerlina) e Riccardo Fassi (Masetto). La direzione dell’Orchestra i Pomeriggi Musicali di Milano sarà affidata al venezuelano José Luis Gomez Rios; le scene e i costumi sono di Stuart Nunn, il disegno luci di Giuseppe Di Iorio e le coreografie di Ron Horwell.
La regia dell’opera è firmata dall’inglese Graham Vick, noto per l’originalità dei suoi allestimenti curati all’estero e in Italia, dove vanta il record di aver vinto sei Premi Abbiati. Nel presentare la sua nuova messa in scena il regista ha fatto questa dichiarazione che va controcorrente rispetto alle più recenti letture del personaggio: “Don Giovanni è una figura assolutamente negativa. Rompe ogni tabù, distrugge i mattoni su cui è costruita la società, che per questo giustamente non può accettarlo. Merita di andare all’inferno. La grande sfida è rendere questo personaggio per quello che è veramente…Siamo tutti un po’ Don Giovanni e forse lo vediamo come un eroe e come un ribelle. Colpa dell’Ottocento e del romanticismo che ne hanno travisato lo spirito. La mia lettura sarà riferita alla nostra società, anche per avvicinare l’opera al Settecento”.
IL RITORNO DI TOSCA
La seconda opera in cartellone è Tosca di Giacomo Puccini (7 e 9 novembre), che viene proposta per onorare il 90° anniversario della morte del grande compositore. Il cast è formato da interpreti di notevole spessore come il grande soprano Dimitra Theodossiu, il tenore Leonardo Caimi che debutta nel ruolo di Cavaradossi, il baritono Alberto Mastrogiacomo che ha ricoperto più di 300 volte il ruolo di Scarpia. Il M° Antonio Pirolli dirigerà l’Orchestra Filarmonica Marchigiana. L’allestimento è della Fondazione Pergolesi Spontini, di Macerata Opera Festival, dei Teatri S.p.A. di Treviso e del Teatro dell’Aquila di Fermo. La regia, la scenografia e costumi sono affidati a Massimo Gasparon, il quale ha detto che sarà un’opera “ambientata in una Roma trionfante e tetra, decadente e splendente allo stesso tempo. Ho rivisto la Roma di Caravaggio con i suoi chiaroscuri di forte drammaticità; la Roma del Bernini e del Borromini, marmorea e funebre. Ho cercato l’unità di luogo e di tempo attraverso una scenografia unica e tripla che da chiesa si trasforma in palazzo e poi in carcere, senza soluzione di continuità”.
LES CONTES D’HOFFMAN
Il terzo titolo in cartellone è Les Contes d’Hoffman di Jacques Offenbach (29 e 30 novembre) che arriva per la prima volta sul palcoscenico jesino ed è prodotta dalla Fondazione Pergolesi Spontini, dal Circuito Lirico Lombardo e dall’Opéra de Rouen Haute-Normandie. Si tratta dell’unica opera lirica che conclude la carriera di un grande musicista come Offenbach (Colonia 1819-Parigi 1880), che la lascia incompiuta nella strumentazione, per cui sarà completata e messa a punto a Ernest Guiraud. Andata in scena postuma nel novembre 1881 e accolta subito con uno strepitoso successo con oltre cento rappresentazioni solo nel primo anno, questa Opéra-fantastique si avvale del valore poetico del libretto scritto da Jules Barbier, uno dei più interessanti commediografi francesi del secondo Ottocento che, in collaborazione con Michel Carré, aveva scritto l’omonimo dramma nel quale si mescolavano ironia, comicità e drammaticità. Essa si segnala per alcuni celebri brani come Oui, l’on devient digne d’envie, Je me nomme Coppélius, Allez! Pour te livrer combat; la barcarola Belle nuit, o nuit d’amour, Les oiseaux dans la charmille.
La vicenda ha inizio nella taverna di Mastro Luther, dove fanno il loro ingresso il demoniaco consigliere Lindorf, il giovane poeta Hoffmann, il buono e saggio Niklausse. Il protagonista, dopo la scherzosa parentesi della leggenda del nano Kleinzach, parla del suo doloroso amore per la bella cantante Stella, che racchiude nel suo fascino le tre donne della sua vita: la fanciulla, la cortigiana e l’artista, tre storie diverse drammatiche che Hoffmann racconta. Appare sulla scena Olympia, la splendida fanciulla che lo scienziato Spalanzani ha creato insieme al perfido Coppélius, seconda incarnazione demoniaca. Hoffman si è perdutamente innamorato di questo automa, nonostante Niklausse cerchi di metterlo in guardia sulla natura di quella strana creatura. Coppélius arriva per riscuotere il suo compenso da Spalanzani. Quindi ha inizio la festa da ballo in casa di Spalanzani, durante la quale Olympia canta la celebre romanza di Les Oiseaux. Hoffman è sempre più innamorato ma Coppélius, infuriato per aver ricevuto un assegno scoperto, decide di frantumare l’automa dalle sembianze umane. Nel secondo atto l’azione si sposta a Venezia, dove Niklausse e la cortigiana Giulietta cantano la bellissima Barcarola. Il palazzo della cortigiana si anima con una splendida festa rutilante di magnifici colori, mentre Dapertutto, terza incarnazione demoniaca, incita la sua schiava Giulietta a rubare l’anima di Hoffmann, il quale uccide l’amante della cortigiana per rubargli la chiave del palazzo. Tutto si rivela però inutile, perché Giulietta si allontana con Dapertutto, mentre Hoffmann rimane tra gli spettrali invitati della festa. Il terzo atto è il più drammatico, perché la giovane Antonia è una cantante molto malata, cui il padre vieta di cantare, malgrado Hoffmann la ami e vorrebbe sposarla, ma il Dottor Miracle, ultima incarnazione diabolica, prospetta alla giovane una vita di successi canori e la spinge a cantare fino a farla spirare tra le braccia di Hoffmann. Si ritorna infine là dove tutto era cominciato, nella taverna di Mastro Lutero, dove il giovane poeta, a causa del ricordo dei suoi infelici amori e dell’abbandono di Stella, canta la sua disperazione, mentre Niklausse gli ricorda che solo la Musa della Poesia potrà addolcire la sua sofferenza.
Si tratta di un’azione drammaturgica che ruota intorno alla figura del giovane Hoffman che è il progettista, l’autore e la vittima di continui intrighi nel corso dei quali è continuamente manipolato da una figura demoniaca che si incarna in quattro diversi personaggi Lindorf, Coppelius, Dottor Miracle e Dapertutto. Secondo il regista e drammaturgo francese Frédéric Roels, Direttore dell’Opéra di Rouen, quest’opera è “un’illusione invadente che costringe l’occhio a distorcere la realtà, un delirio continuo in cui ogni personaggio è il doppio di un altro”, per cui egli ha immaginato la presenza di “un oggetto scenico impregnato di entrambi i simboli e i desideri” che domina sul palcoscenico. Le scene sono di Bruno de Lavenère, i costumi di Lionel Lesire, il disegno luci di Laurent Castaingt, le coreografie di Sergio Simòn. La direzione dell’Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano è affidata al giovane maestro italiano Christian Capoccia che si è finora distinto come un artista dalla forte musicalità. Gli interpreti sono quasi tutti dei giovani a cominciare da alcune vincitrici del 65° Concorso AsLiCo Larissa Alice Wissel (Antonia), Bianca Tognocchi (Olympia), Maria Mudryak (Giulietta), affiancate da cantanti più esperti come Alessia Nadin (Nihlausse) Stefano Consolini (Spalanzani), i tenori Michael Spadaccini e Sebastian Ferrada (Hoffman), i due bassi Abramo Rosalen e Lauren Kubla negli impegnativi ruoli di Lindorf, Coppelis, Dottor Miracle e Dapertutto.